“L’ARCHITETTO DEL DIAVOLO”
Speer fu un uomo che, per la sua capacità di trasmettere anche con l’architettura le perversioni naziste, divenne uno stretto collaboratore del Führer. Nel giro di pochi anni entrò anch’egli nell’Olimpo dei gerarchi nazisti dalla porta principale. Lo fece lavorando al fianco di Adolf Hitler. Questa nefasta soddisfazione consegnerà Albert Speer alla storia come “l’architetto del diavolo”.
A differenza di molti gerarchi nazisti (e come invece è successo ad altri) Speer morì in età avanzata, dopo un lungo periodo di tranquilla vita privata a seguito del rilascio nel 1966. L’architetto fu tra i condannati nello storico processo di Norimberga, e se la cavò con soli venti anni di reclusione. Ottenuta la libertà, scrisse due libri che divennero oggetto di studio da parte degli storici: Memorie del Terzo Reich e Diari segreti di Spandau. In questi scritti Speer minimizza il suo contributo agli orrori nazisti, e non mancano critiche al comportamento di Hitler, nonostante lo stesso autore non ne nasconda l’ammirazione.
Dove inizia però la rapida ascesa del giovane architetto?
LA LUNGA VITA DI ALBERT SPEER
Cresciuto in una famiglia benestante, iniziò i suoi studi accademici a Karlsruhe, per poi continuarli a Monaco di Baviera e a Berlino. Appena ventenne divenne assistente del famoso architetto tedesco Heinrich Tessenow, tra i più autorevoli professionisti del settore negli anni di Weimar. Speer apparteneva a quella generazione di giovani tedeschi delusi dalla Grande Guerra che sarà successivamente la linfa vitale del nazismo. Quelli che da ragazzini videro la propria gloriosa nazione umiliata dal trattato di Versailles maturarono due sentimenti paralleli: una forte rabbia per la condizione della Germania e un vivo interesse per tutti quei discorsi di forza e rinascita tipici dell’ascesa nazista. L’abilità oratoria di Hitler aveva particolare presa sui giovani, che nel suo terribile piano dovevano essere la colonna portante di quell’esercito che avrebbe conquistato l’Europa. Fu proprio avvicinandosi alla propaganda nazista che un giovane Albert Speer decise di iscriversi al partito del Führer nel 1931.
Grazie alla raccomandazione di Rudolph Hess, tra gli uomini più vicini a Hitler, il giovane talento poté dimostrare le sue capacità ai vertici nazisti. Nel giro di soli due anni riuscì ad avere un contatto addirittura col Führer in persona, che lo accolse nella sua cerchia ristretta. Le più alte cariche del partito erano favorevolmente impressionate dalle abilità di Albert Speer, cui fu chiesto di rinnovare l’edificio del Ministero della Propaganda, appannaggio di Joseph Goebbels. Altro incarico prestigioso per Speer fu l’occuparsi della parte scenografica dei raduni di Norimberga, eventi a cadenza annuale che dovevano trasmettere la potente propaganda nazista e accrescere il consenso intorno alla figura di Hitler e del suo partito.
Immediatamente si creò un’interessante sinergia tra l’ormai padrone della Germania e il rampante architetto, in grado di realizzare le manie artistiche del primo. Mentre l’Europa stava per vivere il suo incubo peggiore, Speer realizzava con soddisfazione il suo sogno: quello di lavorare direttamente al fianco di Hitler. Quest’ultimo nominò l’architetto persino Ministro degli Armamenti e della Produzione bellica nel 1942.
Anche in questa occasione, Speer si contraddistinse per la capacità di svolgere il proprio lavoro brillantemente, riuscendo ad aumentare la produzione di armamenti nonostante la piega negativa che il conflitto iniziava a prendere. Lo sfruttamento intensivo dei prigionieri detenuti nei campi di concentramento in questa impresa sarà l’accusa principale mossa a Speer durante il processo di Norimberga. Verrà catturato dagli Alleati a guerra finita, dopo una concitata fase di ripensamento in cui prima disobbedì ad un Hitler ormai sconfitto, poi cercò un ultimo contatto col suo vecchio mentore prima di scappare a Flensburg.
PERCHE’ AL NAZISMO SERVIVA UN ARCHITETTO?
Come Hitler aveva brillantemente intuito, la propaganda non doveva porsi limiti. Che fosse la musica, la letteratura, la religione o il cinema, la grandezza del terzo Reich doveva diffondersi nei cuori e nelle menti del popolo tedesco. L’architettura fu parte integrante di questa ideologia. Valori come l’amore per la patria, la purezza della razza e il prestigio cui la nuova Germania mirava dovevano essere rappresentati da scenografie colossali o da edifici che trasmettessero compattezza e forza. Hitler e Speer concepirono uno stile architettonico misto tra tradizione germanica e raffinatezza classica. Richiami ai festi degli imperatori e costruzioni possenti dovevano rassicurare la cittadinanza sulla fermezza e sulla magnificenza della dittatura nazista.
L’esasperazione nell’uso dell’elemento architettonico nelle dittature non fu solo un’idea nazista. Una simile concezione è visibile nelle forme pulite e squadrate degli edifici costruiti sotto il fascismo italiano (ad esempio il Palazzo della Civiltà Italiana) o in quelle spigolose e fredde tipiche dello stalinismo (come il Kotelnicheskaya Naberezhnaya). A modo suo, ogni dittatura aveva compreso quanto anche l’aspetto di un immobile può suscitare forti sentimenti in coloro che avevano necessità di identificarsi in qualcosa di più grande.
Mario Rafaniello