Negli anni ’20, l’Argentina era in piena espansione calcistica, con la determinazione di vincere il primo campionato mondiale di calcio della storia. In questo contesto, Alejandro De los Santos, un calciatore di origini africane nato il 19 maggio del 1902, fu escluso dalla nazionale a causa del colore della sua pelle. La sua storia è un affascinante esempio di come il razzismo abbia influenzato il mondo dello sport e come De los Santos abbia dovuto lottare per farsi strada in un’epoca in cui la discriminazione razziale era diffusa. La sua esperienza e il suo talento nel calcio sono un riflesso delle sfide e delle contraddizioni che caratterizzavano l’Argentina di quegli anni.
Nel tumulto dell’Argentina dei primi anni ’20, quando la federazione svelò l’elenco dei giocatori selezionati per rappresentare il paese con l’Uruguay, Alejandro de los Santos aveva già una certezza: il suo nome non sarebbe comparso tra i convocati. Era il primo campionato mondiale di calcio nella storia, e l’Argentina aveva un solo obiettivo in mente: vincere. La squadra si presentava al torneo come la detentrice delle ultime due edizioni della Copa América. Tuttavia, per De los Santos, che aveva 28 anni ed era al culmine della sua carriera, questa fu una grande delusione. E la ragione era chiara, una ragione che negli anni aveva influenzato la scelta dei selezionatori dell’Albiceleste di escluderlo dalla squadra nazionale nonostante le sue abilità straordinarie: era nero, e nessuno voleva ammettere che l’Argentina fosse una nazione multietnica.
Eppure, nonostante fossero tenuti nascosti e emarginati, gli afroargentini esistevano. I genitori di De los Santos erano nati in Angola, figli di schiavi come la maggior parte della popolazione nella colonia portoghese. Nel 1869, Stati Uniti e Regno Unito avevano deciso di abolire definitivamente il commercio degli schiavi africani, costringendo il Portogallo a porre fine alla schiavitù. Questo aveva portato a un’onda di emigrazione di neri dalle colonie portoghesi in Africa, in particolare da Capo Verde, São Tomé e Angola, verso il Sudamerica. L’Argentina, grande ma scarsamente popolata, divenne una delle destinazioni preferite, grazie anche alle politiche di promozione dell’immigrazione europea dei legislatori di Buenos Aires. Non è chiaro se il cognome De los Santos sia una spagnolizzazione del portoghese Dos Santos o un nome scelto una volta arrivati in Argentina, ma si può immaginare il mondo che questa coppia angolana trovò quando approdò in Argentina: un paese libero in cui si poteva lavorare, ma dove i neri erano costretti a vivere nei quartieri più poveri delle grandi città lungo la costa. I De los Santos risalirono il fiume Paraná e si stabilirono in una città che prendeva il nome dal fiume stesso: il 17 maggio 1902 nacque Alejandro Nicolás de los Santos.
De los Santos nacque a Paraná, il 19 maggio del 1902, ma purtroppo, sappiamo molto poco della sua infanzia. A un certo punto, probabilmente nel 1908, rimase orfano di entrambi i genitori e si trasferì con i suoi fratelli, Manuel e Mercedes, più grandi di lui, a Boedo, un quartiere periferico in crescita a Buenos Aires. Crescere a Boedo significava entrare in contatto con una cultura in cui gli afroargentini erano numerosi, ma significava anche essere immersi nel mondo del calcio. A soli 12 anni, Alejandro de los Santos iniziò a giocare nel piccolo Club Oriente del Sud, rimanendovi fino al 1921, quando fu scoperto e ingaggiato dal San Lorenzo, dove all’epoca giocava in attacco Rafael Calvo. Tuttavia, la sua permanenza al San Lorenzo fu breve, giocò solo una decina di partite con il Ciclón, prima di trasferirsi nel quartiere vicino di Avellaneda, per giocare per il Dock Sud, una piccola squadra di immigrati. In questa squadra, De los Santos dimostrò di essere un attaccante straordinariamente prolifico, e grazie ai suoi gol il Dock Sud riuscì a ottenere una sorprendente promozione in Primera División già quell’anno.
In breve, il nome di Alejandro de los Santos si diffuse rapidamente in tutta Buenos Aires come uno dei migliori attaccanti della regione. Nel 1922, la commissione tecnica federale che gestiva la nazionale decise di convocarlo, un evento storico per un ragazzo dalla pelle così scura. Questa decisione poteva essere vista come in linea con lo spirito del tempo, poiché l’Argentina stava vivendo un periodo di rinnovamento, con l’Unión Cívica Radical di Hipólito Yrigoyen che promuoveva un programma riformista incentrato sull’ampliamento dei diritti civili.
Nel frattempo, i successi di De los Santos in campo lo portarono a trasferirsi nel 1924 a un altro club di Avellaneda, il Porvenir, anch’esso caratterizzato da un forte spirito di sinistra. Questo periodo al Porvenir fu fondamentale per la carriera di De los Santos. Con l’arrivo al club, la punta afroargentina ebbe l’opportunità di giocare accanto a uno dei migliori calciatori del paese, Manuel “La Chancha” Seoane. La presenza di Seoane al Porvenir fu il risultato di circostanze uniche: squalificato per un anno nel 1923 a causa di un incidente con un arbitro, Seoane decise di unirsi al Porvenir approfittando del fatto che, in quegli anni, il calcio argentino era diviso tra il campionato organizzato dall’AAF e quello della federazione dissidente AAmF. Il Porvenir aveva aderito al torneo dell’AAF, dove le squalifiche inflitte nell’altro campionato non avevano effetto. La scelta di Seoane fu motivata dal fatto che il club aveva sede nel suo stesso quartiere, dove era cresciuto. Con La Chancha e De los Santos in attacco, il Porve visse la migliore stagione della sua storia, chiudendo al terzo posto in classifica.
Ora che faceva parte della squadra nazionale, De los Santos fu scelto per rappresentare l’Argentina al Campeonato Sudamericano del 1925, anche se era in competizione con Juan Carlo Irurieta per il ruolo di centravanti. De los Santos scese in campo solo nell’ultima partita del torneo, il decisivo 2-2 contro il formidabile Brasile di Arthur Friedenreich, che garantì all’Albiceleste il suo secondo titolo continentale. Negli anni successivi, De los Santos continuò a distinguersi come uno dei migliori calciatori del campionato argentino, diventando la stella del Porvenir e realizzando 80 gol in 148 partite con la maglia bianconera. Purtroppo, il ritorno di Seoane all’Independiente e la riunificazione dei campionati portarono all’indebolimento del Porvenir rispetto alle altre squadre di alto livello, come il Boca Juniors, che dominò il calcio argentino nella seconda metà degli anni ’20.
La sua esclusione dalla squadra nazionale per il Mondiale del 1930 potrebbe essere stata influenzata dall’aumento della concorrenza nel ruolo di centravanti, con Guillermo Stábile dell’Huracán che era diventato il principale attaccante della squadra. Ma la famiglia di De los Santos credeva che il motivo principale fosse il colore della sua pelle. Il 1930 non segnò la fine della sua carriera, poiché l’anno successivo passò al professionismo con il trasferimento all’Huracán, sostituendo proprio Stábile nell’attacco della squadra dopo che quest’ultimo era passato al Genoa. Durante le quattro stagioni con l’Huracán, De los Santos segnò 25 gol in 88 partite, anche se la squadra non riuscì mai a ottenere grandi successi.
Nel 1934, De los Santos decise di ritirarsi dal calcio professionistico. Negli anni successivi, svolse occasionalmente il ruolo di allenatore, sempre nell’Huracán, e nel 1946 riconobbe il talento di Alfredo Di Stéfano, all’epoca ventenne, durante la sua prima stagione da titolare in un club professionistico, in prestito dal River Plate.
Purtroppo, sappiamo molto poco della vita di Alejandro De los Santos al di fuori del campo da calcio. Si sa che lavorò come funzionario doganale e che aveva un hobby insolito, l’impagliatura di uccelli. Ma fu rapidamente dimenticato dal mondo del calcio argentino al di fuori del Porvenir. La sua storia è stata riscoperta solo negli ultimi anni, ma è un ricordo importante della storia dello sport argentino. Lottare contro il razzismo in Argentina era una sfida, e anche se i calciatori di talento come De los Santos potevano trovare una via di fuga temporanea, alla fine dovevano affrontare la stessa dura realtà degli altri afroargentini.
La storia di Alejandro De los Santos ci mostra anche la complessità delle questioni legate all’etnia e al razzismo nell’Argentina del suo tempo. Figlio di immigrati africani, sposò una donna bianca, Margarita Calvo, dalla quale ebbe sette figli. Le foto dell’epoca e quelle più recenti mostrano chiaramente come le sue figlie fossero donne meticce, il cui background africano sarebbe difficile da indovinare a prima vista. La vita di De los Santos si concluse il 16 febbraio 1982 a Buenos Aires, ma la sua riscoperta era solo agli inizi.