Dopo 8 anni dalla presentazione della domanda per l’adesione all’Unione Europea, nonché a distanza di 2 da quando lo status di Paese candidato era stato concesso, dal Consiglio Europeo arriva il via libera ai negoziati per l’adesione della Bosnia all’Unione.
La decisione di procedere con i negoziati
La Commissione si era già espressa sulla questione il 12 marzo tramite una raccomandazione, che riconosce i progressi compiuti dal paese candidato nell’adeguarsi agli standard richiesti dall’Unione. La Presidente Ursula von der Leyen aveva manifestato una certa soddisfazione riguardo all’avanzamento delle riforme portate avanti dallo Stato:
«In poco più di un anno sono stati compiuti più progressi che in un intero decennio. Naturalmente sono necessari ulteriori progressi per entrare a far parte dell’Unione, ma il paese sta dimostrando di poter soddisfare i criteri di adesione e le aspirazioni dei suoi cittadini di far parte della nostra famiglia».
Ma l’ultima parola sull’allargamento spetta ai capi di Stato e di governo che siedono nel Consiglio Europeo. La decisione di mandare avanti il processo per l’adesione di Sarajevo è finalmente arrivata con le conclusioni della seduta del 21 marzo.
“Il vostro posto è nella nostra famiglia europea. La decisione di oggi è un passo avanti fondamentale“. Così si è espresso il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel. “Ora il duro lavoro deve continuare per far sì che la Bosnia Erzegovina progredisca costantemente, come vuole il vostro popolo“.
Dubbi sull’ingresso in UE della Bosnia Erzegovina?
Il Consiglio Europeo ha dato il via libera, ma non si è astenuto dal porre alcune riserve. Infatti “invita la Commissione a preparare il quadro negoziale” solo quando “saranno stati compiuti tutti i passi pertinenti indicati nella raccomandazione della Commissione del 12 ottobre 2022“. Questo è quanto si legge nella sezione delle conclusioni dedicata alla questione dell’allargamento. La formulazione precisa e cauta utilizzata nel documento lascia intravedere un certo grado di scetticismo da parte di alcuni membri del vertice. Il che non è sorprendente, considerando i notevoli ritardi che il paese ha accumulato nel perseguire riforme fondamentali a livello costituzionale, elettorale e giudiziario, necessarie per soddisfare i requisiti di adesione.
Queste mancanze spiegano perché quello bosniaco fosse l’unico fra i cinque paesi dei Balcani occidentali che hanno ricevuto lo status di candidato ufficiale a non aver ancora avviato la fase negoziale. In effetti, i progressi verso l’Unione Europea sono stati rallentati dalla complessa e spesso frammentata natura del sistema politico bosniaco, che riflette le divisioni etniche persistenti nel paese: le crepe che caratterizzano la società bosniaca sono da sempre un profondo ostacolo al buon funzionamento della vita politica dello Stato, poiché rendono estremamente difficile arrivare al consenso su questioni relative all’avanzamento di riforme e politiche, fondamentali per rendere la propria candidatura all’ingresso nell’Unione più forte.
I prossimi passi per Sarajevo
La palla è quindi adesso in mano a Sarajevo, il cui nuovo obiettivo deve essere quello di mantenere la prospettiva europea al centro delle sue priorità: questa fase richiede un impegno rinnovato per affrontare le sfide fondamentali che ancora ostacolano l’avanzamento del paese. È essenziale che le autorità bosniache si concentrino sul superamento delle divisioni interne e sull’adozione di riforme sostanziali. Il Primo Ministro bosniaco Borjana Krišto si è espressa in termini di gratitudine nei confronti dei membri del Consiglio Europeo e ha sottolineato come sia tempo di tornare subito a lavoro per soddisfare i criteri richiesti dal processo in corso.
Per far sì che non ci siano intoppi, il paese dovrà soddisfare tutte e 14 le priorità chiave riguardo il funzionamento democratico dello Stato, il rule of law e il rispetto dei diritti fondamentali. Solo allora la Commissione potrà attuare il quadro negoziale da adottare all’unanimità nel Consiglio Affari Generali (che riunisce i 27 ministri europei degli Affari Generali).
Quindi si potrà finalmente passare alla fase finale del processo di ingresso, cioè la firma del Trattato di adesione, che deve prima essere approvato all’unanimità dal Parlamento europeo e dal Consiglio: il documento contiene i termini e le condizioni a cui il paese in ingresso si vincola.
La strada verso Bruxelles è ancora lunga per Sarajevo, ma la decisione del Consiglio Europeo è sicuramente un chiaro messaggio di incoraggiamento.