by admin | 5 Dicembre 2017 11:00 am
Il mondo online, si sa, è ricco di insidie e a preoccuparsene non sono soltanto i privati cittadini. Anche le aziende che pubblicizzano la propria attività sul Web, si preoccupano di dove vengono collocati i loro annunci. A questo proposito, le pratiche di brand safety consentono di salvaguardare la reputazione di un grande marchio nella rete. Si tratta di meccanismi aventi lo scopo di evitare l’associazione di un brand a contenuti inappropriati di vario genere.
Non sempre, però, questi meccanismi funzionano correttamente come dimostra il caso di YouTube.
Proprio problemi legati alla brand safety mettono in pericolo le gigantesche entrate pubblicitarie di Youtube che rischia perdite per centinaia di milioni di dollari.
Lo scandalo è emerso dopo un’inchiesta del Times, lo stesso giornale che aveva già messo nei guai la nota piattaforma video di Google non molti mesi fa.
Oggi, Youtube si sta impegnando a migliorare il sistema di algoritmi che dovrebbe impedire il verificarsi di queste situazioni. Certamente si tratta di un impegno reale perché in gioco non ci sono soltanto reputazione e moralità…
Naturalmente, dietro questa preoccupazione per la diffusioni di contenuti inappropriati non ci sono soltanto ragioni morali anzi le ragioni economiche pesano tantissimo.
Basti pensare che lo scandalo di inizio anno ha causato a YouTube perdite per 750 milioni di dollari e anche per l’attuale boicottaggio si prevedono perdite per centinaia di milioni di dollari.
Così, mentre YouTube cerca di correre ai ripari, migliorando gli algoritmi, i filtri e rimuovendo contenuti sospetti (150.000 video rimossi e 270 canali chiusi nell’ultima settimana), i concorrenti cercano di recuperare terreno.
Le testate tradizionali lamentano da tempo il duopolio di Google e Facebook nella pubblicità online ( i due giganti del Web detengono il 70% del mercato). Le testate concorrenti rivendicano una maggiore capacità di controllo sui contenuti legata alle dimensioni più ridotte. Inoltre sostengono la necessità di annunci pubblicitari più discreti che, evitando di ricrearsi all’infinito tramite la logica dell’user generated content, catturino meglio l’attenzione dell’utente.
A ben vedere, sembra che schermaglie commerciali permettano in qualche modo di affrontare un problema dalle implicazioni sociali gravi come la diffusione di contenuti violenti ed inappropriati sul Web.
Gessica Liberti
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