Secondo film e primo western della sua lunga e meravigliosa carriera di regista. Lo straniero senza nome di Clint Eastwood è un’opera potentissima. L’efficacia rappresentativa della realtà, in questo caso violenta e di frontiera, viene amplificata per sottrazione. Come fece per primo il regista danese Carl Theodor Dreyer, uno degli innovatori sovversivi che negli anni ’20 del Novecento si ribellarono al cinema patinato americano, introducendo nuove regole e stilemi del linguaggio cinematografico. La storia di Eastwood si contraddistingue nel suo genere di appartenenza per un altro motivo: la connotazione soprannaturale.
La storia
Nella scena d’apertura un uomo a cavallo si muove in lontananza, nell’inquadratura sfocata come aria rarefatta, mentre il commento sonoro viene preannunciato da un coro spettrale.
La storia è lineare, senza fronzoli, tagliente come la lama di un coltello. Lago è una cittadina sperduta nel West. Agglomerato di poche anime nato per volere di una compagnia mineraria. Una mattina gli abitanti si affacciano straniti sullo stradone che taglia in due il paesino per assistere ad un evento incredibile: l’arrivo di uno straniero. Lo stesso materializzatosi nella scena iniziale, interpretato da Clint Eastwood con la sua proverbiale espressività di ghiaccio.
L’uomo raggiunge il barbiere, e provocato, uccide gli scagnozzi della compagnia, che sono lì anche per un altro motivo: proteggere la cittadina dai loro tre predecessori, ormai prossimi alla scarcerazione. Col procedere della storia quella che appare una comunità laboriosa e tranquilla si rivela un covo di serpi. Gli abitanti di Lago non hanno mosso un dito per evitare che i tre pistoleri tanto temuti uccidessero barbaramente lo sceriffo Duncan. Si sono invece attivati con false accuse per mandarli in carcere, quando i tre hanno messo sotto ricatto la cittadina avendo scoperto speculazioni truffaldine ai danni della compagnia mineraria.
Il ricorso all’analessi come ricordo porta allo scoperto il senso di colpa e i fantasmi che albergano nei cuori della piccola comunità. E rivela l’esistenza di un legame diretto ma inspiegato tra lo straniero e lo sceriffo Duncan. Quell’uomo senza nome non è lì non per caso, ma per vendicarlo. Per punire i tre pistoleri e la gente di Lago, che impaurita si consegna nelle sue mani in cambio di protezione. Condizione ideale, premeditata, per una vendetta feroce e sottile; fisica e psicologica. Lo straniero soddisfa ogni suo capriccio colpendo l’ipocrisia e l’avidità di quella gente. Poi fa dipingere di rosso l’intera città ribattezzandola “Hell”. Addestra ogni uomo a sparare e in fine sparisce sul più bello.
Da principianti allo sbaraglio, i normali cittadini nulla possono difronte all’arrivo dei tre pistoleri che portano morte e distruzione. Ma il peggio per i peccatori di Lago deve ancora arrivare. Con l’oscurità lo straniero porta a termine la sua vendetta. Incendia ogni edificio della cittadina e uccide senza pietà i tre pistoleri, mentre tutto è in fiamme come all’inferno.
Clint Eastwood e il metodo Dreyer
La vendetta, il sentimento attorno a cui ruota buona parte dell’epica cinematografica western, è il seme da cui nasce il film di Eastwood. Una vendetta che esclude totalmente il perdono e acquista connotati soprannaturali. Lo straniero appare dal nulla e agisce con glaciale risolutezza, perfetta pianificazione. E’ infallibile come una divinità scesa sulla terra per punire chi ha osato ribellarsi alla sua autorità. Forse, più dei tre pistoleri, sono gli abitanti di Lago i veri colpevoli. Perché dietro il loro perbenismo nascondono perfidia e bassezza morale. Sono loro a subire la punizione più dura, quella che ha più valore simbolico. Ipocriti e avidi, vengono smascherati, umiliati e privati di tutto.
L’elemento fantastico scelto da Eastwood sta nel mistero irrisolto che aleggia attorno allo straniero. Infatti, a differenza di quella italiana, la versione originale mantiene intatta l’ambiguità sul suo nome e quindi sulla sua natura. Lasciando ad intendere che quell’uomo in realtà potrebbe essere il fantasma dello sceriffo Duncan. La connotazione soprannaturale della storia viene amplificata dalle scelte estetiche nell’ambientazione.
Clint Eastwood applica il metodo Dreyer e lavorando per sottrazione raggiunge una rappresentazione monumentale della realtà western. Lago, con i suoi pochi e sparuti edifici di legno, è il paradigma della piccola cittadina di frontiera. Spettrale come la Dogville disegnata da Lars Von Trier, anch’essa applicazione estrema degli insegnamenti di Dreyer. Lago è la sublimazione western di un luogo abbandonato da dio, abitato da uomini corrotti, dove un fantasma può materializzarsi per consumare la sua vendetta.
Michele Lamonaca