Migliaia di giovani donne lasciano la Nigeria ogni anno con la promessa di un buon lavoro in Europa: è l’inganno in cui cadono le giovani donne vittime di tratta. Ma Susan ha cambiato le regole del gioco: ha smascherato la maman. Lo racconta The Guardian.
L’inganno
Ivie, una donna nigeriana che aveva incontrato nel suo villaggio natale, convinse Susan ad intraprendere il viaggio in Italia. La donna si era offerta di pagare il viaggio di Susan in Europa e le aveva promesso che al suo arrivo avrebbe ottenuto un lavoro dignitoso e retribuito.
Susan credeva di lavorare come baby sitter o come cassiera di un supermercato. Così, si sottopose a una tradizionale cerimonia di giuramento juju, in cui giurò di ripagare la donna e di essere fedele a lei. Solo in Italia, Susan apprese che se non avesse ripagato il debito, le conseguenze sarebbero state terribili. Poco dopo il suo arrivo in un centro di accoglienza, Ivie la prese e la portò in un appartamento a Prato, fuori Firenze. Altre quattro giovani donne nigeriane vivevano già lì: tutte donne vittime di tratta. Uno di loro porse a Susan un paio di scarpe col tacco alto, una gonna corta, e le disse
“Andiamo, dobbiamo lavorare.”
Ecco svelato l’inganno. La strategia di sopravvivenza di Susan consisteva nell’evitare gli uomini venuti in cerca di sesso. A gennaio, infatti, ha guadagnato solo 420 euro. Frustrata dagli scarsi guadagni di Susan, Ivie la picchiò così forte che la ragazza ebbe paura di perdere la vista da un occhio.
Non è una storia come le altre
Dal 2015 sono arrivate sulle coste italiane circa 21mila donne e ragazze nigeriane. Nel 2017, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite ha riferito che l’80% erano potenziali vittime di tratta sessuale, ma i numeri sono difficili da confermare.
Le vittime poi, hanno paura di farsi avanti e pochi trafficanti sono stati identificati. Ma nel febbraio 2016, un magistrato specializzato in criminalità organizzata, Angela Pietroiusti, ha avviato un’indagine che – nel corso di un anno – ha smascherato una sofisticata rete di trafficanti operanti tra Nigeria, Libia, Italia, Francia, Germania e Regno Unito, che ha reclutato giovani donne e ragazze e le ha portate in Europa. La chiave di questa indagine erano le note dettagliate e le fotografie che una donna, indignata per essere stata costretta a prostituirsi, aveva accumulato in segreto: quella donna era Susan.
Susan voleva le prove di ciò che era costretta a sopportare. Ha iniziato a scattare foto con il telefono dell’appartamento in cui era tenuta e ha persino scattato foto di Ivie di nascosto. Ha tenuto registri di numeri di telefono e appunti di quello che le è successo. Un taccuino divenne la sua arma più potente. Ogni transazione che scriveva era la prova di ciò che era costretta a sopportare. Per questo, continuava a registrare quanti più dettagli poteva.
Il coraggio e la fuga: Susan è tornata
Una mattina all’inizio di febbraio, Susan ha messo il telefono e il taccuino in una piccola borsetta ed è uscita di casa, dicendo che doveva incontrare un cliente in una città vicina. Invece, è andata alla stazione dei treni. Era riuscita a mantenere i dati di contatto dell’avvocato specializzato in immigrazione che aveva visto al centro di detenzione di Ponte Galeria nel luglio 2015. Ha cercato di mantenere un profilo basso alla stazione dei treni, terrorizzata che qualcuno potesse riconoscerla, ma non aveva contanti, così ha dovuto fermare gli estranei per chiedere soldi per comprare un biglietto. Ce l’ha fatta: è tornata a Roma.
A maggio, è stata presentata una denuncia penale contro Ivie per conto di Susan. Ci sarebbero voluti altri due anni perché, raccolte tutte le prove, il giudice firmasse il mandato d’arresto per Ivie. Sono passati tre anni da quando Susan ha presentato la sua denuncia penale, ma le quattro madam sono state arrestate. La mattina dell’udienza, Susan indossava una maglietta luminosa con le parole: “Devo avere successo”. Le quattro imputate sono state condannate a un totale di 45 anni per aver trafficato 10 ragazze in Italia e costretto alla schiavitù.
Donne vittime di tratta: un problema globale
La difficoltà di consegnare i trafficanti alla giustizia è un problema globale. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima che attualmente ci siano circa 40 milioni di vittime della schiavitù moderna nel mondo. Tuttavia, a livello globale, ogni anno vengono avviati meno di 12.000 procedimenti penali contro i trafficanti, con meno di 10.000 condanne. Uno dei motivi per cui condannare i trafficanti è così difficile è perché il crimine di solito coinvolge un gran numero di criminali che lavorano in più giurisdizioni. Ad ogni tappa del suo viaggio in Europa, Susan era stata presa da diversi gruppi di intermediari, che coordinavano le loro operazioni via telefono con Ivie, la sua signora in Italia.
Non tutte le persone coinvolte nella tratta di Susan sono state perseguite. La signora a cui era stata trasferita nel nord Italia non è mai stata identificata, né i trafficanti maschi coinvolti nel suo viaggio dalla Nigeria all’Italia.
La vita di Susan è ancora nel limbo…
Quattro anni dopo essere sfuggita ai suoi trafficanti e aver presentato la denuncia penale che avrebbe scoperto una rete di traffico internazionale, la vita di Susan è ancora nel limbo. Ancora una volta grazie ai Decreti Salvini, Susan non ha il permesso di lavoro. Vorrebbe tornare a scuola, ma più di ogni altra cosa vuole poter lavorare e aiutare la sua famiglia a tornare a casa. Ora sta aspettando che la commissione italiana per l’asilo rivaluti il suo caso e le concedano i documenti.
Apparentemente sembra un limbo senza fine, ma Susan è una donna vestita di coraggio e libertà e – ancora una volta – combatterà per ciò in cui crede: la vita.
Giulia Chiapperini