Un piano industriale quello delle Ferrovie riferito al periodo 2017/2026 e con un valore degli investimenti pari a 94 miliardi di euro. Di questi 73 mld riguardano le infrastrutture, 7 lo sviluppo tecnologico e 13 si parla genericamente di treni. Locomotive, carrozze e carri ordinari e speciali per andare sulle inutilizzate linee ad alta velocità per il traffico merci? Si dichiara anche che una quota degli investimenti sarà in autofinanziamento. Voce quest’ultima da congetturare considerato che dovrebbero essere gli utili dell’alta velocità, gli introiti dei contratti di servizio sottoscritti con le regioni e altre diverse entrate.
Non sembra leggere nel Piano l’entità dei trasferimenti che lo Stato effettua per Fs. Lo scorso ottobre a Bologna si è tenuto un meeteng dal titolo “ Finanziare i trasporti al tempo della crisi tra sussidi e corrispettivi”. Due numeri sono emersi e una considerazione ultranota a chi si interessa di AV da decenni. Lo Stato trasferisce alle FS 8 miliardi in conto capitale e di esercizio e 5 per il trasporto locale. Ulteriori soldi a carico pubblico riguardano il costo di investimento erosissimo delle linee AV. In ultimo i 4 mld di costo per il regime speciale di prepensionamento delle Fs.
Lo Stato ha trasferito alle FS da quando sono diventati Spa (1992) e fino al 2012, 207,7 miliardi di euro di cui 84,8 di parte corrente e 122,8 in conto capitale, ricostruiti sommando i dati storici, senza rivalutazioni monetarie. Una media annua di 9,9 miliardi! (Studio Ist. Leoni). Questi presupposti davvero rendono speciosi i discorsi su “utili” , “mol” e consimili!
Rispetto al piano decennale presentato ritengo che le uniche certezze sono i dati contenuti nell’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanze e il Contratto di Programma parte investimenti firmato dal Ministro delle Infrastrutture e l’AD FS. Il tutto inserito dentro i vincoli del pareggio di bilancio (le entrate dello Stato devono essere uguale alle sue spese) del Fiscal Compact (in 20 anni il debito deve passare dal 133 % del PIL al 60%) e senza mai scordare che le FS dipendono dai trasferimenti dello Stato! Il Contratto di Programma aggiornato approvato dal Cipe i 23 dicembre 2015 contiene un portafoglio investimenti 73.636 milioni di euro e che rappresenta la “parte finanziata“ che vuole dire esistono stanziamenti di competenza e che solo quando lo stabilirà il Ministro delle Finanze saranno erogati per “cassa “.
Dal Ministro attendiamo il Documento Poliennale di Pianificazione per verificare se i “ pesi “ relativi degli investimenti tra Nord, Centro e Sud si sono modificati nel senso della giustizia distributiva oppure si è consolidata la vecchia pratica delle asimmetrie territoriali rispetto alle allocazione degli investimenti pubblici. La inaccettabile discriminazione nella ripartizione degli investimenti pubblici tra Nord e Sud è iniziata nel 1992. Facendo riferimento all’indice di dotazione infrastrutturale calcolato periodicamente dall’Istituto Tagliacarne si osserva che nel 2009 l’indice era pari nel Sud a 80 e nel Centro Nord 110. Dal 1982 la riduzione degli investimenti pubblici al Sud si è accentuata. In tutta la Lombardia circolano più treni pendolari che nell’intero Sud. L’età media dei convogli è al Nord di 16,6 anni e al Sud di 20,4.
Nel Piani Fs c’è la Genova/Milano, la Brescia/Padova, il traforo del Brennero. Al Sud di investimenti significativi vedi la Napoli/Bari e la Palermo /Catania /Messina oltre al primo lotto della Napoli/Bari. Il settore abbandonato dalla dirigenza Fs è il settore merci dove trasportano in termini assoluti il 6/7 % ( 48 milioni di tonnellate contro 1300 milioni della strada !!) e nel Piano Industriale le merci “ si vedono” vedremo cosa genererà lo slogan dell’AD Mazzoncini “ trattare le merci come le persone “. Un augurio sincero perché i problemi oggi delle merci in ferrovia sono i costi, i tempi i limiti di capacità fisici (sagoma galleria e pendenza delle linee).
Sotto il grafico dove chiaramente si vede il “ divorzio” operato dal legislatore nel 1982 per gli investimenti.
Erasmo Venosi