Operato a Bagdad Gabriele Micalizzi, il fotoreporter ferito in Siria

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Gabriele Micalizzi si trovava nella zona di Deir el-Zor per documentare l’offensiva internazionale anti Isis, quando è rimasto ferito alla testa e al volto da schegge Rpg.

Gabriele Micalizzi, 34 anni, era in Siria per documentare l’avanzata della coalizione guidata dagli USA insieme ai soldati delle Forze Democratiche Siriane, determinati a eliminare lo Stato islamico dal Paese. Il fotografo italiano  si trovava insieme al collega brasiliano Gabriel Chaim, della Cnn, vicino al fronte tra Isis e le forze curde. L’edificio sul quale si trovavano è stato bersagliato da colpi di Rpg e di kalashnikov. L’italiano, ferito alla testa e al volto, è stato immediatamente condotto nella base americana di Omar Field.  Da qui è stato poi trasportato in un ospedale americano a Bagdad, dove ha subito la delicata operazione all’occhio.

Le notizie sul suo stato di salute ci giungono dal collega Alessandro Sala, con il quale Micalizzi ha fondato l’agenzia Censuralab. Il fotoreporter, operato nel corso della notte,  sta complessivamente bene: “Ho parlato con i medici che lo hanno operato – afferma Sala- Mi hanno riferito che l’occhio destro è reattivo mentre quello sinistro ha subito danni maggiori, tuttavia è presto per dire se abbia perso del tutto la vista”.  A causa dell’attacco Gabriele ha subito inoltre una frattura a una mano e la momentanea perdita di udito dall’orecchio sinistro, causata dall’onda d’urto.

L’Unità di crisi della Farnesina si è immediatamente mobilizzata per prestare al connazionale ogni possibile assistenza. Mentre la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine in merito al ferimento del fotografo italiano. Alla guida dell’indagine il sostituto procuratore Sergio Colaiocco, che ha affidato la delega ai carabinieri del Ros. In attesa di saperne di più si procede per attentato con finalità di terrorismo.

Chi è il fotografo ferito in Siria

Gabriele Micalizzi lavora per lo studio piacentino di Cesura di Pianello Valtidone. Al momento dell’attacco si trovava in Siria da solo una settimana. Il reporter aveva già rischiato la vita in Thailandia. Nel corso degli scontri nel quartiere a luci rosse occupato dall’esercito racconta Micalizzi, “mi è esplosa vicino una granata e un ragazzo ferito mi è caduto addosso. L’ho poggiato a  terra e fotografato“.



Per i suoi lavori trae ispirazione da un grande fotoreporter di guerra francese, Luc Delahaye. I due hanno condiviso alcune settimane di lavoro in Libia e Gabriele è rimasto affascinato dal suo modo di lavorare.  Ha pubblicato le sue foto sul New York Times, Espresso, Repubblica, Newsweek, Wall Street Journal e su molti altri grandi nomi della carta stampata italiana e internazionale. Milanese e papà di due bambine, Gabriele ha alle spalle una lunga gavetta come fotoreporter da teatri di guerra. Nel 2010 documenta le proteste a Bangkok delle Camicie Rosse, mentre nel 2011 segue gli avvenimenti della Primavera Araba in Egitto, Tunisia e Libano. Dal 2012 al 2013 documenta le tensioni in Medio Oriente, a Gaza e a Istabul.  Dal 2008 porta avanti una documentazione sull’Italia, mettendo in luce la decadenza del Bel Paese e la sua crisi di identità.

Meticoloso, preciso, un fotoreporter di “razza” che però non dimentica di essere prima di tutto un’essere umano, come quando posò la fotocamera per salvare la vita di un soldato iracheno.  In un’intervista il fotografo ha raccontato di aver agito in fretta, avendo visto il medico del campo in difficoltà.

Dalla gamba del ragazzo, il sangue usciva come tempera calda, con un laccio ho bloccato l’emorragia e con una schiumarola per la pasta e un pezzo di sedia ho steccato la gamba

Emanuela Ceccarelli

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