La zona costiera di Ventanilla subisce ancora gli effetti del disastro petrolifero di La Pampilla. Repsol deve scontare ingenti multe.
Alcune agenzie internazionali hanno definito il disastro petrolifero di La Pampilla come uno dei peggiori della storia del Perù. La fuga di petrolio è avvenuta il 15 gennaio 2022 sulle coste di Lima durante uno scarico di greggio nelle tubazioni sottomarine della raffineria, sotto l’effetto dell’eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha’apai.
La fuoriuscita ha colpito oltre 11.000 ettari di area costiera ed è stata riscontrata la presenza di idrocarburi petroliferi in 66 zone, tra le quali si contano 46 spiagge e 20 scogliere. Il greggio si è diffuso su aree protette per 18mila chilometri quadrati, uccidendo decine di uccelli e di animali marini. Inoltre, l’incidente ha cambiato drasticamente le vite delle circa 10.000 persone della zona che dipendevano dal mare per il proprio sostentamento. Secondo l’OEFA (Organismo de Evaluación y Fiscalización Ambiental), l’agenzia peruviana per la valutazione della vigilanza ambientale, la responsabilità è della compagnia petrolifera spagnola Repsol che gestisce la raffineria peruviana.
In cerca di un colpevole
Il primo soggetto delle indagini sul disastro petrolifero è stata la nave Mare Doricum della flotta Fratelli d’Amico Armatori, subito messa sotto sequestro. La petroliera stava effettuando le operazioni di scarico di greggio al servizio della compagnia Repsol. L’effetto dell’eruzione del vulcano dell’isola di Tonga, a quasi 10mila chilometri di distanza, ha provocato una prolungata serie di onde anomale che hanno urtato la nave durante le operazioni. Da subito la società Fratelli d’Amico Armatori si è definita non responsabile dell’accaduto. Secondo quanto dichiarato, la nave ha interrotto le operazioni alla vista della prima macchia di greggio, ha immediatamente attivato il piano di emergenza antinquinamento (Shipboard Oil Pollution Emergency Plan) e ha informato le autorità competenti. L’armatore della nave ha attribuito il disastro petrolifero a una rottura dell’oleodotto sottomarino di La Pampilla. Per questo motivo, le indagini si sono spostate sulla società petrolifera Repsol.
La responsabilità di Repsol nel disastro petrolifero
La compagnia Repsol ha da sempre affermato che il disastro petrolifero è stato causato da circostanze del tutto imprevedibili e anomale. La sua mancata reazione immediata nel ridurre l’impatto dello sversamento ha portato il governo del Perù a chiedere ai cittadini di prendersi cura dell’area costiera, dando vita a molte proteste. Pur avendo dichiarato un avanzamento nel risarcimento delle 10.300 famiglie di pescatori colpite, la compagnia Repsol non ha ancora adempiuto ai suoi obblighi. I risultati più recenti riportano 26 siti privi di idrocarburi contro i 71 ancora interessati (48 spiagge).
Il disastro petrolifero ha portato alla luce una serie di irregolarità nei piani di sicurezza di Repsol che hanno spinto l’OEFA a emettere una serie di misure amministrative. La multa imposta alla compagnia è di complessivi 42.000.000 Soles (circa 10.500.000 dollari) sulla base di grosse infrazioni: la mancata identificazione di tutte le aree interessate dallo sversamento; l’inadempiuta pulizia di tutte le aree colpite; l’inosservanza del provvedimento per il contenimento e il recupero del greggio; la presentazione di informazioni false nel Rapporto di Emergenza Ambientale. Come dichiarato, Repsol “ha informato l’OEFA di una fuoriuscita di 0.16 barili di petrolio che ha interessato un’area di 2,5 metri quadrati“, ma “è stato accertato che la fuoriuscita ha superato i 10.000 barili di petrolio e l’area interessata copre una superficie di 11.061 ettari“.
È possibile una regolamentazione che venga dall’alto?
Il disastro petrolifero di La Pampilla è un esempio della lacuna nella regolamentazione di un settore che dipende principalmente dall’azione autonoma delle grandi imprese. Per questo motivo, qualcuno si chiede se c’è bisogno di leggi forti per normare attività che mettono a rischio diritti umani e ambiente.
Un mese dopo il disastro petrolifero, la Commissione europea ha presentato una proposta per una direttiva sulla “due diligence” della sostenibilità aziendale lungo ogni fase della catena del valore. La CSDD (Corporate Sustainability Due Diligence) è destinata alle aziende di grandi dimensioni dell’UE ed extra-UE ma attive sul territorio europeo. La sua entrata in vigore è prevista tra due anni e gli obiettivi sono l’identificazione, la prevenzione e l’attenuazione degli impatti negativi dell’attività delle grandi imprese sui diritti umani e sull’ambiente.
Secondo alcuni, il testo attuale contiene alcune lacune che lo rendono nullo per un caso come quello del disastro petrolifero di La Pampilla. Tra l’elenco dei tipi ricorrenti di danno ambientale sono esclusi i casi di fuoriuscite di petrolio in acqua. Inoltre, la proposta non garantisce l’inversione dell’onere della prova per le vittime. Dunque, se le comunità colpite dallo sversamento scegliessero di citare in giudizio le grandi società, avrebbero la responsabilità diretta di raccogliere e di produrre prove a dimostrazione di una mancata adozione di misure sufficienti a prevenire le fuoriuscite. Sul filo del rasoio di un’urgenza sottovalutata, e sotto i devastanti effetti del disastro petrolifero sulle coste di Ventanilla e i suoi abitanti, la questione rimane ancora aperta.