É stato pubblicato, l’8 dicembre, il Libro nero dei respingimenti: 892 vere testimonianze che riguardano più di 12mila migranti e richiedenti asilo e che riportano la denuncia di maltrattamenti e offese. Quella di quest’anno è la terza edizione che segue quelle del 2020 e del 2021 e che conta più di 3000 pagine.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra il gruppo della sinistra del Parlamento europeo, The Left, e il Border Violence Monitoring Network, la rete delle organizzazioni che registrano e combattono le ricorrenti violazioni dei diritti umani presso i confini europei. Hope Barker, delegata di BVMN annunciando la nuova edizione ha spiegato la finalità dello studio:
Sebbene queste accuse siano rifiutate dai paesi responsabili, ciò che forniamo in queste pagine è un’analisi di modelli e prove fotografiche che rivelano una pratica sistematica in corso. E queste sono solo le storie che il Network è riuscito a registrare, la realtà è ben più ampia e di più ampio respiro. Chiediamo la fine dell’impunità e un rinnovato impegno per la responsabilità, entrambi atti a porre fine a tali brutali violazioni dei diritti umani.
Le responsabilità dell’Unione Europea
Il Libro nero dei respingimenti nasce per mostrare la sistemicità delle azioni illegali che si verificano ai confini, per dar voce a chi è costretto a subire vessazioni in silenzio e per indicare i colpevoli di un sistema sbagliato e violento. Nel libro viene rivendicata anche la responsabilità dell’Unione Europea, spesso complice nel rafforzare un sistema che si costruisce su diritti mancati e continui soprusi fisici e psicologici. Per questo l’inizio del libro è dedicato alla denuncia della diretta responsabilità degli organi dell’UE nel rafforzamento del disumano trattamento esercitato sui migranti con numerosi casi di respingimenti illegali, di utilizzo improprio delle nuove tecnologie e attraverso il Nuovo Patto europeo sulla migrazione.
Inoltre l’Unione Europea ha da poco concesso maggiore autonomia e potere a Frontex, l’Agenzia che sorveglia le frontiere e che perpetua umiliazioni, soprusi e respingimenti illegali con la forza.
Le violenze denunciate
Stupri, abusi sessuali, calci, pugni, torture, umiliazioni, detenzioni, insulti. Queste sono solo alcune delle violenze, fisiche o psicologiche, denunciate dai migranti della rotta balcanica. Come riportato da La Repubblica le testimonianze hanno portato in rilievo la preponderanza di alcune tipologie di tortura e mezzi di respingimento: l’utilizzo di pistole elettriche, l’uso sproporzionato della forza, l’obbligo di nudità, le violenze con armi da fuoco e le percosse con manganelli, aste, rami d’albero.
Le violenze denunciato hanno avuto luogo non solo nei confini esterni ai paesi dell’UE, ma anche all’interno degli stati stessi e nei campi per i rifugiati gestiti e finanziati dagli organi europei.
Le donne e gli uomini che vivono questi soprusi hanno trovato con il Libro nero dei respingimenti il modo di poter mettere su bianco trattamenti che sono spesso insabbiati, nascosti e, ancor di più, giustificati. Bisogna tenere a mente che i casi di soprusi non sono eccezioni, ma sono sistematici: solo il 5% dei migranti intervistati hanno affermato di non essere stati vittima di violenze.
Coinvolta anche l’Italia
Il rapporto include 1.635 testimonianze che coinvolgono 24.990 persone e 15 paesi: Austria, Italia, Grecia, Slovenia, Croazia, Polonia, Ungheria, Romania, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Kosovo, Bulgaria, Macedonia del Nord, Albania.
All’Italia sono dedicate più di 40 pagine di questa terza edizione in cui vengono denunciate le vessazioni verso i migranti e la malagestione dei richiedenti asilo. Alcuni casi hanno avuto un ruolo centrale nella colpevolezza dell’Italia: prima di tutto le violenze subite dai migranti durante la pandemia, quando il governo italiano ha predisposto che venissero confinati nelle navi-quarantena, ma anche i respingimenti dei libici e l’aumento delle espulsioni verso la Tunisia. Alcune pagine sono dedicate anche alla rotta adriatica intrapresa da afghani, curdi, siriani e pakistani per giungere in Puglia o in Calabria.
Ludovica Amico