Non bastavano genitori e insegnanti “moderni” alle prese con la scuola “easy” e le teorie all’insegna del learning by doing oppure “la mia scuola è la strada”. Adesso, senza filosofeggiare, la motivazione è semplice e diretta: mio figlio non ha fatto i compiti a casa perché voleva giocare.
Così ha scritto sul diario della figlia una mamma milanese che, giudicando eccessivo il tempo passato a scuola dalla figlia, ha pensato di giustificarla con l’insegnante per il giorno dopo semplicemente spiegando come stavano le cose: per la madre era molto più utile per la figlia dedicarsi ad attività sportive e ricreative.
E non si tratta del primo caso. Sui social, è esplosa la condivisione della foto della pagina del diario della studentessa con la giustificazione scritta dalla madre. Gruppi di genitori, dalla Lombardia alla Sicilia, hanno inneggiato alla madre liberale che ha portato avanti – a loro avviso – una giusta battaglia all’insegna dell’autodeterminazione e della rottura dell’ordine stabilito.
E la madre milanese potrà stringere la mano al padre che, all’inizio di settembre, ha dichiarato agli insegnanti del figlio di non aver fatto studiare il ragazzo durante l’estate perché ha preferito “insegnargli a vivere”, come se impegnarsi per ampliare le proprie conoscenze avesse a che fare non con il vivere ma con il fantasticare o il perdere tempo. Contenti loro… un po’ meno contenti quei ricercatori universitari che allo studio, quella perdita di tempo che non insegna a vivere, hanno scelto di dedicare la loro vita.
Attenzione: non è un’anomalia da confinare nel rapporto genitori-figli o figli-genitori. Fa parte di un contesto sociale in cui la madre è diventata la migliore amica, come dal titolo di una serie Tv statunitense di successo, e il padre relegato a fare da spalla al figlio tra una partita di calcio, qualche apprezzamento colorito all’amica dell’età del figlio e pacca sulla spalla orgogliosa per dire “quello che non mi sono goduto io, goditelo tu”. Non fare i compiti si cala in contesto in cui tutto è passeggero come la moda e il pratico “usa e getta” delle confezioni monoporzione dei supermercati diventa il paradigma con cui si tratta di sentimenti umani, di relazioni, di affetti.
Non fare i compiti a casa e soprattutto vantarsi di non farli e di non farli fare, è il segno del disprezzo delle regole, del capriccio di chi vuole rompere gli schemi non per proporre qualcosa di nuovo, ma semplicemente per cedere alle pulsioni del proprio egoismo. Ed è così che tutto viene modellato sulle bizzarre pretese dell’individuo. Se non si va bene a scuola, è colpa della maestro o del professore che deve guardarsi bene dal richiamare lo studente ai suoi doveri. Gli anni del bivaccare all’università aumentano, giustificati anche dagli stessi genitori dal fatto che quello è il tempo che non torna più, per godersi la vita. E quando la scrittura non rispetta le elementari regole della grammatica e della sintassi: niente paura, è scrittura creativa.
E a proposito di “creatività”. Chi ricorda la famosa “finanza creativa” di Tremonti che ha rischiato di far tracollare il nostro Paese in una situazione simile a quella della Grecia? Alla “finanza creativa” tremontiana, sono seguiti quelli che poi Renzi avrebbe chiamato i “compiti a casa” dell’Unione Europea. Senza quei compiti a casa, non sappiamo se ancora saremmo in grado di pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici o le pensioni minime.
Chi appartiene alla generazione delle pagine e pagine di analisi logica, grammaticale e del periodo, delle poesie a memoria e parafrasi, dei problemi di matematica da risolvere, con l’ansia se non si era fatto tutto e la corsa all’ultimo minuto prima del suono della campanella per fare quello che non si era fatto il giorno prima, non si abitua ai nuovi metodi educativi all’insegna del laissez faire. Perché, se proprio qualcuno non arrivava a capire che bisognava studiare per se stessi e non per insegnanti e genitori, almeno quell’ansia e quel poco di paura era il segnale che si doveva rispondere a qualcuno del proprio operato.
Se manca questo anello e resta soltanto il rispondere a se stessi, tutto degenera nell’irresponsabilità, insofferente alle regole e senza quell’umiltà tale da lasciarsi correggere, seguire, educare da chi nel bene o nel male ne sa qualcosa di più. Si potranno anche tralasciare i compiti per le vacanze, espressioni ed equazioni per il giorno dopo. Sarà terribile quando, con la stessa leggerezza, si tralasceranno i doveri verso gli altri e si lascerà riposare tra “attività sportive e ricreative” la doverosa esigenza di crescere ed imparare.