La riforma sulle pensioni francese “adda passà”: Macron scavalca il Parlamento

by Alessandro Rossi | 17 Marzo 2023 2:15 pm

Macron ha utilizzato il potere speciale previsto dal comma 3 dell’articolo 49 della Costituzione per forzare l’approvazione della riforma sulle pensioni francese senza il voto del Parlamento. Ora l’opposizione ha a disposizione 24 ore per presentare una mozione di censura.

Secondo il piano del Governo francese riguardo la riforma sulle pensioni, l’età pensionabile sarà gradualmente innalzata da 62 a 64 anni al ritmo di tre mesi all’anno, fino al 2023. Inoltre, per ottenere una pensione a “tariffa intera” gli anni di contributi richiesti passeranno gradualmente dagli attuali 42 a 43 anni entro il 2027, al ritmo di un trimestre all’anno.

La Prima Ministra Elisabeth Borne, in accordo con il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, ha comunicato di voler ricorrere all’articolo 49, comma 3, della Costituzione francese. Questo comma consente al primo ministro di approvare un testo di legge in materia finanziaria o di finanziamento al welfare senza passare da una votazione parlamentare, dietro l’approvazione del Consiglio dei Ministri. I deputati francesi saranno quindi privati della possibilità di esprimersi sul testo.

Le motivazioni e i possibili sviluppi

La decisioni di ricorrere all’articolo 49 della Costituzione è stata presa dal presidente Macron e dal Governo in considerazione del rischio che la riforma sulle pensioni non passasse. Gli analisti francesi, infatti, ritenevano che la legge avrebbe potuto essere approvata o respinta per massimo 5 voti di scarto. Un rischio che il presidente francese non ha voluto correre.

Non possiamo giocare d’azzardo sul futuro delle nostre pensioni, questa riforma è necessaria.

Queste le parole di Borne. Macron ha invece affermato che:

Il mio interesse politico e la mia volontà politica era di andare al voto, ma ritengo che allo stato attuale i rischi finanziari ed economici fossero troppo grandi. Non si può giocare con l’avvenire del Paese.

Il Governo ha posto la fiducia e ora l’opposizione ha 24 ore di tempo per presentare una mozione di censura, la quale è stata annunciata “trasversale”: che sia presentata dalla destra o dalla sinistra, entrambe le formazioni la voteranno. Una volta depositate, le mozioni dovranno essere prese in esame entro le 48 ore successive. Se la mozione di censura sarà approvata, farebbe cadere sia la riforma sia il Governo. Una seconda e più complicata possibilità è il ricorso ad un referendum di iniziativa condivisa, strumento che prevede una consultazione popolare.

Il voto sulla mozione è previsto per lunedì 20 marzo. Affinché passi, però, le opposizioni dovranno cercare il supporto anche dei deputati repubblicani e centristi, i quali non hanno precedentemente votato compatti a favore della riforma in Senato. I repubblicani, però, hanno già annunciato che non aderiranno, facendo venir meno la maggioranza assoluta necessaria. Se la mozione di censura non avrà la maggioranza, la legge continuerà il suo iter. Prima dell’approvazione definitiva deve ripassare al Senato, dove la maggioranza è più solida, per poi tornare all’Assemblea Nazionale, dove il Governo potrà ancora utilizzare i poteri previsti dall’articolo 49.

I partiti di opposizione contro la riforma sulle pensioni francese

All’ingresso in Assemblea Nazionale di Elisabeth Borne, ex premier francese, i deputati dell’opposizione si sono alzati in piedi cantando la Marsigliese, inno nazionale francese, ed esponendo cartelli con la scritta “No ai 64 anni”.

I vari partiti di opposizione sono compatti nel condannare la riforma sulle pensioni.

Questo governo non è degno della nostra Quinta Repubblica, della democrazia francese.

Lo ha dichiarato Fabien Roussel, capo del “Partito Comunista Francese”, aggiungendo:

L’Eliseo non è un parco per i capricci del presidente Macron.

Il leader socialista Oliver Faure ha affermato:

Quando un presidente non ha una maggioranza nel Paese e neppure nell’Assemblea Nazionale, deve ritirare il suo progetto.

Marine Le Pen, leader dell’estrema destra per il partito “Rassemblement National”, ha invocato le dimissioni della prima ministra:

Questo ricorso all’ultimo minuto al comma 3 dell’articolo 49 è uno straordinario segno di debolezza. Elisabeth Borne deve andarsene.

Secondo Jean-Luc Mélenchon, leader del movimento politico di sinistra radicale “France Insoumise”, la riforma sulle pensioni non ha alcuna legittimità parlamentare, adottata solo dal Senato e non dal popolo francese né dall’Assemblea Nazionale.

Le mobilitazioni contro la riforma sulle pensioni

Le proteste vanno avanti da gennaio e si sono enormemente intensificate dopo l’annuncio del ricorso ai poteri di cui all’articolo 49 comma 3. Sono state otto, fino ad ora, le giornate di sciopero generale e di mobilitazione con la partecipazione di centinaia di migliaia, forse milioni, di persone.

Laurent Berger, leader del sindacato “CFDT”, annuncia nuove mobilitazioni. È stata infatti indetta una nuova giornata di scioperi e cortei per giovedì 23 marzo.

Continueremo a batterci fino al ritiro della riforma.

Lo ha affermato Amar Lagha, segretario generale della “Federazione Commercio e Servizi” di uno tra i più importanti sindacati francesi, la CGT.

I netturbini non accennano a sospendere il loro sciopero e Parigi si vede sommersa dai rifiuti. Tra i manifestanti ci sono anche moltissimi studenti, che occupano gli istituti scolastici. Vengono bloccate le principali vie di scorrimento e bloccate molte fabbriche produttrici di energia. Incendiati manichini con sembianze di politici e si sono verificate diverse situazioni di violenza, come numerose sassaiole contro le prefetture.

Una riforma che adda passà

Alla riforma si oppongono il 70% della popolazione e il 94% delle lavoratrici e dei lavoratori. Il carattere ingiusto e brutale della concezione stessa di questo progetto ha generato immediatamente un’unità sindacale di inedita determinazione, solidità e durata.

Questa la dichiarazione del presidente del sindacato CFE-CGC François Hommeril.

Una riforma con indici di popolarità bassissimi, ma forse indispensabile per la tenuta dei conti pubblici francesi.

Alessandro Rossi

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