Già alcuni decenni or sono, grazie alle invenzione delle cosiddette pinzette ottiche (optical tweezers), era stato possibile muovere oggetti piccolissimi grazie a questo strumento che è un impulso laser altamente focalizzato, ora è giunta notizia dal California Institute of Technology (CalTech) che si è riuscito a fare lo stesso con oggetti macroscopici, far levitare oggetti con la luce, per dirla con le parole di Ognjen Ilic un post-dottorando che è il primo autore dello studio, far levitare una pallina da ping pong con il getto d’aria di un asciugacapelli non è difficile, fare lo stesso con palline più grandi e pesanti sarebbe tutta un’altra cosa.
Allora cosa hanno fatto Ilic e i colleghi del laboratorio diretto dal professor Harry A. Atwater nella Facoltà di ingegneria e scienze applicate? La ricerca pubblicata su Nature photonics documenta un metodo che non richiede la luce altamente focalizzata di cui sopra e permetterebbe la levitazione di oggetti macroscopici nell’ordine dei millimetri, centimetri e forse persino metri.
Il tutto è stato realizzato tramite dei disegni sulla superficie dell’oggetto che interagiscono con la luce in modo che il momento meccanico creato anche se l’oggetto viene perturbato lo mantiene nel fascio di luce. Andando più sul tecnico tramite i disegni si riesce a controllare l’anisotropia della luce che si diffonde sulla superficie, l’anisotropia è la caratteristica di un ente fisico le cui proprietà cambiano a seconda della direzione.
La prima applicazione a cui si pensa è la più fantascientifica, quella illustrata nell’immagine, il sogno noto a tutti gli appassionati di esplorazione spaziale di spingere astronavi grazie a un laser sparato dalla Terra fino a velocità relativistiche, tanto da raggiungere le stelle con pianeti più vicine in appena una ventina d’anni, va chiarito però che l’applicazione pratica di quanto realizzato al CalTech è ancora molto lontana, siamo davvero all’inizio della strada, la ricerca va considerata come la prova di un concetto.
Quelle spaziali comunque non sono le uniche applicazioni ipotizzabili, secondo il professor Atwater, che ha co-firmato lo studio insieme al geniale studente, il metodo da loro ideato potrebbe trovare applicazione nella realizzazione di circuiti integrati rendendo il processo molto più veloce.
Roberto Todini