Necropolitica, termine impiegato e discusso a fondo per la prima volta dal filosofo camerunense Achille Mbembe nel suo saggio del 2003 Necropolitics, è un concetto complesso che si riconnette alle nozioni foucaultiane di biopotere e biopolitica.
Biopotere e biopolitica, nell’accezione con cui Micheal Foucault intende tali termini, indicano il legame stretto che esiste tra politica, intesa come esercizio del potere all’interno di determinati contesti, e vita, o meglio custodia e potenziamento della vita. Inevitabilmente, tale legame tra potere e vita è indissolubilmente connesso al suo contrario, la forma ultima di sovranità, la più schiacciante e arbitraria manifestazione del potere, che consiste nella facoltà di decidere chi deve vivere e chi deve morire.
La necropolitica, dunque, si può definire come l’uso del potere sociale e politico, attraverso una serie di pratiche esplicite ed implicite, volto ad esercitare il controllo sulla vita e sulla morte delle persone. In questo senso, la necropolitica si manifesta anche nella legittimazione dell’esposizione alla morte di alcuni particolari gruppi umani e individui da parte di chi esercita il potere.
Ma quali sono le condizioni in cui si manifestano le necropolitiche? Quali sono i soggetti che esercitano la necropolitica e quali quelli che ne subiscono le conseguenze?
Sovranità, necropotere e stato di eccezione
Il concetto di necropolitica, così come trattato nel volume di Mbembe del 2016, si riconnette alle riflessioni di Foucault sul rapporto tra sovranità, violenza e colonialismo, secondo cui una delle operazioni cardine esercitata dal biopotere, ovvero la divisione dell’umanità in gruppi distinti in base a determinate caratteristiche arbitrariamente poste, starebbe alla base del fenomeno del razzismo. Secondo Mbembe le politiche della morte in quanto specifiche tecnologie di governo sarebbero nate proprio dall’incontro tra sovranità moderna occidentale e popolazioni coloniali.
La necropolitica nei contesti coloniali consisterebbe nell’esercizio del necropotere, che non solo determina direttamente la morte di alcuni individui rispetto ad altri ma mette anche in moto un meccanismo che agisce con violenza e repressione sullo spazio e sui corpi, affinché una parte della popolazione venga sempre più privata della propria “vita” e ridotta ad uno stato di morte sociale e politica. Infatti, una prima manifestazione delle necropolitiche è visibile nella gestione e manipolazione dello spazio: la sovranità si fa portatrice di nuove relazioni spaziali e sociali che creano gerarchie, classificazioni, frontiere, luoghi di segregazione.
Non solo, dunque, decidere chi vive e chi muore, chi lasciar vivere e chi lasciar morire, ma anche controllare la qualità e il genere di vita che un individuo può condurre: sono queste alcune delle facoltà che la sovranità esercita, in nome del potere che le è delegato e, troppo spesso, in nome dell’eccezione e della necessità. Il terreno sul quale si manifestano con più facilità le tragiche conseguenze della necropolitica, infatti, è proprio quello dello stato di eccezione, della straordinarietà degli eventi, dell’imprevisto, in quanto condizioni che vorrebbero giustificare tanto l’impiego della violenza quanto la non azione.
Di esempi di necropotere sistematico ed esercitato in contesti e stati di eccezione ne è piena la storia: dai campi di concentramento e di sterminio nazisti all’apartheid in Sudafrica, dalle politiche del terrore durante la Rivoluzione francese alla schiavizzazione e al massacro dei nativi americani. Ma, soprattutto, di esempi di necropolitica ne abbiamo moltissimi sotto i nostri occhi ogni giorno.
La necropolitica sotto i nostri occhi: dalla gestione dei flussi migratori alla distribuzione dei vaccini
Nell’esercizio del potere di morte proprio delle necropolitiche contemporanee si sono venuti a creare quelli che Mbembe definisce “mondi di morte”, contesti nei quali terrore e resistenza, libertà e sacrificio camminano insieme. Sono mondi nei quali intere popolazioni sono state assoggettate dal necropotere fino ad essere ridotte in condizioni di vita che non sono più considerabili tali. Questi mondi, però, non sono lontani e separati da quello in cui ognuno di noi vive ogni giorno ma vi sono indissolubilmente connessi e intersecati.
Quando vediamo un barcone di migranti che viene respinto o al quale viene negato aiuto, quando sentiamo parlare di “porti chiusi”, quando assistiamo alla morte di uomini, donne e bambini in mare siamo davanti alle conseguenze della necropolitica responsabile dei flussi migratori. Si tratta di necropolitica quando uno stato si rifiuta di tutelare le minoranze o perfino ne nega i diritti, come sta accadendo agli uiguri, schiavizzati nei campi di cotone in Cina. È necropolitica quando una nazione ostracizza, imprigiona e assassina dissidenti politici, intellettuali e attivisti come Loqman Slim in Libano, Giulio Regeni e Patrick Zaki in Egitto o Ahmed Altan in Turchia, ed è necropolitica quando, in nome degli affari, è sempre più facile chiudere un occhio. È necropolitica anche quando uno stato decide che cosa una donna possa o non possa fare con il proprio corpo, come imporre una legge contro l’aborto.
Quando ascoltiamo le testimonianze della popolazione palestinese assediata, aggredita e uccisa dalle forze armate israeliane o guardiamo al telegiornale le bombe dilaniare la Siria, stiamo ascoltando l’eco del necropotere che non solo ha reso possibile che ciò accadesse, ma che se ne nutre per sopravvivere. È necropolitica quando parte dei fondi del Recovery Plan finisce nelle tasche della Difesa per sovvenzionare le industrie delle armi e le lobby della guerra, salvo poi riempirsi la bocca recitando a memoria l’articolo 11 della Costituzione. È necropolitica l’intero governo di Bolsonaro in Brasile, dall’ecocidio di cui è imputato per la deforestazione dell’Amazzonia fino alla gestione dell’emergenza sanitaria, lasciando che il virus uccida e devasti le frange più deboli ed emarginate della popolazione con lo scopo malcelato di vederle distrutte. È, infine, la necropolitica che sta alla base del capitalismo ad alimentare il balletto dei vaccini cui stiamo assistendo da alcuni mesi a questa parte.
In nome dello stato di eccezione, in nome del potere del denaro che solo alcuni possono permettersi di esercitare, in nome della sovranità politica ed economica dell’”occidente” è già stato deciso chi dovrà vivere e chi dovrà morire.
Marta Renno