Quando si parla di Pierluigi Collina non si può prescindere dalla sua brillante carriera di arbitro, così come dalla sua calvizie. Sembrerà assurdo al giorno d’oggi, ma è un’immagine così radicata da non potersi distaccare dalla concezione che nell’immaginario comune si ha di lui.
Pierluigi Collina: un fuoriclasse
Come è noto ai più Pierluigi Collina, classe 1960, iniziò la sua carriera arbitrale in Serie A nel 1991. Il suo percorso però ebbe inizio nel lontano 1977, quando partecipò a un corso per arbitri di calcio a Bologna. In pochi anni si fece un nome ai livelli regionali, fino al campionato di Promozione e nella stagione 1983/1984 approdò come arbitro a livello nazionale. Nell’88/’89 arrivò in Serie C, per poi giungere ufficialmente in Serie A nella stagione 1991/1992, il vero e proprio salto di qualità.
Nel 1993 si guadagnò la qualifica di arbitro internazionale, che gli permise di dirigere alcuni match tra i più noti e seguiti al mondo. Ricordiamo la finale delle Olimpiadi tra Argentina e Nigeria nel 1996, la finale di UEFA Champions League tra Manchester United e Bayern Monaco nel 1999, quella dei Mondiali tra Brasile e Germania nel 2002 e di Coppa UEFA tra Marsiglia e Valencia nel 2004.
La carriera magistrale di Pierluigi Collina gli è valsa il titolo di miglior arbitro del mondo dal 1998 al 2003, l’Oscar del calcio AIC dal 1997 al 2005 e il Premio Dattilo come miglior arbitro internazionale nel 1997. Dal 2001 è membro della Hall of fame del calcio italiano e nel 2020 è stato eletto miglior arbitro della storia del calcio dal France Football. Dopo il ritiro dall’attività agonistica è stato designatore arbitrale per le Serie A e B dal 2007 al 2010 e responsabile della commissione arbitrale UEFA dal 2010 al 2018. Dal 2017 è presidente della Commissione Arbitri FIFA.
Collina e l’alopecia
Pierluigi Collina all’età di 24 anni venne colpito da una perdita improvvisa dei capelli: si tratta di una malattia chiamata alopecia. In quel momento la sua carriera era all’inizio di un promettente decollo, ma a causa di questo problema ci sarebbe stato il rischio di non poter più arbitrare.
Per quanto possa sembrare paradossale ai giorni nostri, è necessario fare un passo indietro nel tempo e contestualizzare la situazione all’anno 1984: non si era mai visto un arbitro pelato in campo.
Scherno per la calvizie?
Secondo i designatori arbitrali di allora c’era il rischio che Collina potesse divenire bersaglio degli spettatori a causa della sua calvizie. Per questo motivo arrivarono alla decisione di fermare il suo lavoro per un paio di mesi. Dopodiché decisero di fargli dirigere una partita di Interregionale per verificare la “risposta” del pubblico.
Era un test per capire come la gente avesse reagito a un arbitro senza capelli. Lo stadio conteneva 5-6 mila spettatori, il match era una Latina-Spes. Quella partita la ricordo meglio di alcune gare di Champions, perché pensare che il mio futuro dipendesse dai miei capelli e non dalle mie qualità mi sembrava assurdo. Però posso solo ringraziare il pubblico di Latina, perché era molto più interessato ai miei fischi che al mio aspetto. Quando vedo un bambino che si vergogna per il mio stesso problema mi commuovo, perché ci sono passato anch’io. Ma vorrei dirgli che una testa è bella anche senza capelli.
Sono queste le parole di Collina, in ricordo di quel momento decisivo per la sua carriera.
Oltre i pregiudizi
Pierluigi Collina ha dimostrato come la sua malattia sia diventata un punto di forza per la sua vita e non sia mai stata un ostacolo per il suo rendimento come persona e come arbitro.
Nel 2015 Collina ha rilasciato un messaggio alla Gazzetta, a seguito di un episodio di bullismo verificatosi durante una partita dilettantistica di campionato. Un ragazzino undicenne, bresciano, era stato deriso e maltrattato in campo a causa della sua alopecia, la stessa malattia di Collina. Il suo allenatore riuscì a stento convincerlo a tornare in campo e poi, in segno di solidarietà, si rasò a zero i capelli. E poi l’inaspettato messaggio di Collina:
[…] Anch’io come te ho una caratteristica particolare, non ho capelli né peli e questo per un’alopecia che mi ha colpito quando avevo 24 anni. Devo dire che sono stato più fortunato di te, perché a 11 anni è molto più difficile. Come arbitro sono stato “bravino” e di sicuro avrei raggiunto comunque i traguardi che ho raggiunto. Certamente però il non avere capelli mi ha reso molto più riconoscibile e famoso. Quando ti senti dire “pelato”, come è capitato anche a me tante volte, non farci caso. Chi te lo dice è invidioso del fatto che tu riesci comunque a fare quello che vuoi fare, con o senza capelli. Non farci caso perché è con l’indifferenza che puoi dimostrare quanto sia misero chi si esprime così. Il tuo allenatore ha fatto un gesto molto bello, devi esserne fiero. Dimostragli che hai capito il messaggio e non aver paura di far vedere a tutti la tua testa senza capelli. D’altronde tanti personaggi, anche grandi campioni, si radono a zero. Tu hai la “fortuna” di non aver bisogno di farlo.
Un abbraccio, Pierluigi Collina.
Una lezione di vita
Al giorno d’oggi, queste situazioni ci stupiscono e rasentano il limite dell’assurdo. Eppure, non bisogna limitarsi a una reazione interdetta o a una mera critica, quanto piuttosto sforzarsi per contestualizzare i momenti storici e andare alla ricerca delle motivazioni alla base di certe reazioni di massa. Pierluigi Collina, negli anni ’80, ha dato esempio di come le qualità e l’operato di un arbitro non dipendano minimamente dal suo aspetto esteriore. Se oggi può sembrarci scontato, è chiaro come allora non lo fosse ed esempi come il suo ci ricordano come la sostanza, quando davvero solida e valida, vada ben oltre la forma in cui appare. Si tratta di un valore fondamentale, soprattutto al giorno d’oggi, in cui la società dell’immagine continua ad avere il sopravvento, nonostante molte piccole e grandi rivoluzioni in corso.
Silvia Merciadri