Sabato 2 LUGLIO 2016
Premio Berto e libertà
“Si vince con la diuturna fatica di vivere come uomini liberi” queste le parole di Don Pasquale Russo, amico di Giuseppe Berto e sostenitore del Premio, ieri sera alla premiazione del libro “La steppa” scritto da Sergio Baratto.
Nuvole in una gabbia è l’ossimoro di Forestieri, il cantante che, dopo venti anni a Padova, ritorna in Calabria per proporci il teatro canzone. Suoi gli intermezzi musicali della serata che termina con “cipulla e pani”, un inno al padre, un inno alla libertà. Meglio pane e cipolla che servi, era il refrain di un tempo dignitoso.
Siamo a casa di Giuseppe Berto, scrittore libero, siamo ospiti della figlia Antonia nella casa accanto al faro di Capo Vaticano a Ricadi.
Il Premio Berto riprende dopo una sosta, riprende unendo il suo paese natale, Mogliano Veneto, a Ricadi dove è vissuto ed è sepolto.
Sono in tanti stasera venuti da Mogliano Veneto, in un incastro, Treviso Vibo, perfetto.
Veneto e Calabria vicini ed uniti nel premio che va oltre il pregiudizio dei confini.
Dal Sistema Bibliotecario Vibonese all’associazione culturale Giuseppe Berto, dal presidente Cesare De Michelis, professore universitario, l’obiettivo è riportare in auge il Premio Letterario Giuseppe Berto, dedicato ad un’opera prima di narrativa italiana edita, interrotto nel 2011 dopo 23 edizioni.
Il presidente della giuria, Antonio D’Orrico, vola, di associazioni in associazioni, in un libero costrutto di immagini mentali che dal night di Giuseppe Berto, luogo mitico negli anni sessanta, giunge alla notte appena trascorsa, al suo essere accompagnato dalla padrona di casa a dormire nel night, adiacente alla casa.
Ed eccolo D’Orrico, nella notte tropeana, a guardare il faro e la scogliera, a ricordare il faro e la grandezza.
Ora siamo con D’Orrico su un volo reale, in aereo, lui sfoglia una rivista e legge l’intervista ad Aznavour.
Qual è il segreto della grandezza? fu chiesto ad Aznavour
I fari. Sono i fari la grandezza.
Nella notte appena trascorsa D’Orrico comprende l’affermazione di Aznavour, lo sente cantare Com’è triste Venezia e, forse, in un night che ritorna a vivere, sente la voce di Tony Musante e Florinda Bolkan, mentre Giuseppe Berto scrive Anonimo Veneziano. Trascinati dalle immagini ora andiamo.
La grandezza del faro illumina la striscia dei pensieri. Una via sottile.
Un grande mare inesplorato è La Steppa, il libro che vince il premio.
Una statale che taglia in due i campi erbosi, dice Sergio descrivendo i luoghi del racconto.
” La steppa masticava l’asfalto che le fa da scogliera”
Sul banco dei libri i cinque finalisti e le opere di Berto.
Ho comprato La Gloria, Nicola mi regala La Steppa e tutto torna nei ringraziamenti finali.
Nella presentazione del libro La Gloria colgo le parole di Antonio Di Grado, riportate da Cesare de Michelis nella prefazione, sul Crepuscolo epocale che ci è toccato di attraversare per andare verso un futuro che rimane oscuro e sconosciuto.
Alla fine della serata scendendo verso la macchina vediamo il faro.
Il faro è acceso e illumina capo Vaticano e ogni capo pensante.
Da uomini liberi, Nella diuturna fatica del vivere.
La cinquina finalista era composta da Sergio Baratto, con La Steppa, Mondadori, assieme a Giovanni Fiorina, con Masnago, Marsilio Editori, Mauro Garofalo, con Alla fine di ogni cosa, Frassinelli, Cristian Mannu, con Maria di Ísili, Giunti Editore, Mimmo Rando, con Omero al faro, Rubbettino Editore.