“Il troppo storpia” dice un vecchio adagio. Ma se si tratta di problem solving, probabilmente il nostro cervello non lo sa.
Almeno così sostiene uno studio che proviene dalla Virginia. Studio dal quale è nato un articolo pubblicato su Nature dal titolo “People systematically overlook subtractive changes”. Un interessante scorcio sulla nostra capacità di problem solving.
Lo studio:
In breve, ciò che i ricercatori hanno indagato ed evidenziato è che, a prescindere dal campo di cui ci si occupa, le persone tendono a non prendere in considerazione la sottrazione nella risoluzione dei problemi.
Ognuno di noi tenderebbe quindi, in modo istintivo, ad affrontare qualsivoglia problema aggiungendo elementi e quasi mai sottraendoli. Ciò riguarderebbe anche la causa delle eterne questioni burocratiche e del grande problema delle risorse che scarseggiano nel nostro pianeta.
Immaginiamoci – ci suggeriscono gli studiosi – una struttura composta da lego che avesse una colonna portante sormontata da un piccolo tassello e, a coronare il tutto, un bel tetto in cima.
Cosa siamo portati a fare per rendere quel tetto più “stabile” se ciò che lo unisce alla colonna sottostante è solamente un piccolo tassello? Aggiungere altri tasselli, ci verrebbe da dire. A ben pensarci, però, basterebbe togliere il tassello presente per appoggiare direttamente il tetto alla colonna.
Insomma, a volte basterebbe togliere, eliminare – in altre parole, sottrarre – per risolvere un problema nel modo più agevole possibile. Ma nella maggior parte dei casi, la sottrazione non è la prima risposta che si tende a dare.
Problem solving: una riflessione oltre lo studio
Probabilmente molti di noi si riconoscono in questo studio. Ma da dove proviene questo istinto all’aggiunta? Si apre qui un’interessante riflessione, utile in ogni campo della vita. Ci sarebbe da chiedersi se questo nostro atteggiamento davanti ai problemi sia un puro e semplice istinto biologico o se sono state le nostre volontà, il nostro agire lungo i millenni ad aver spinto il nostro cervello a dare risposte aggiuntive e non sottrattive.
Uscendo così dall’ambito prettamente scientifico e tenendo a mente la plasticità cerebrale, potremmo chiederci quali abitudini apprese e da noi sostenute, ci portino al preferire il più, invece del meno.
É forse perché la sottrazione, cioè il risolvere una questione togliendo elementi, potrebbe darci l’impressione della rinuncia?
Siamo invece davvero convinti che continuare ad aggiungere elementi possa realmente migliorare ogni situazione? Eppure, se ci pensiamo, la nostra vita sembra a volte essere disseminata da accumuli, spesso nocivi più che benefici.
Immaginiamoci alcuni tipi di relazioni interpersonali. “Quanti amici hai tu su facebook?”. “Io ne ho di più” si sente spesso affermare dai ragazzi – e non solo – che giocano con i contatti come fosse il ce l’ho delle figurine di calcio. Situazione simile per i followers su altri social.
Probabile che si possa rispondere che è proprio questo il gioco dei social. Farsi notare. E farsi notare significa avere la maggior parte delle persone possibili che ti notano.
Ma nella vita reale? Se si sentisse di avere una sorta di insoddisfazione, per esempio nel campo della cerchia delle amicizie, quante volte invece di eliminare (si fa per dire) le amicizie non più adatte a noi, tendiamo a farcene altre? Davvero più amici significa maggiore amicizia?
Nel caso degli amanti, aggiungere quantitativamente equivarrebbe ad un’aggiunta qualitativa dell’amore nella propria vita?
La corsa al denaro, l’accumulo di beni, l’aggiungere cose possedute ad altre cose possedute, rende realmente la vita migliore, o più facile da gestire o – l’eterna questione – più felice?
Che questo studio possa aprirci gli occhi sul fatto che anche il lasciar andare, lo spogliarci del superfluo possa migliorare la nostra vita di tutti i giorni? Invece di aggiungere, non dovremmo forse conoscere veramente ciò che crediamo di possedere?
In fondo, spesso accade che la scienza non faccia altro che testimoniare verità già intuite per altre vie dai filosofi che ci hanno preceduto. Afferma Nietzsche nella sua opera Così parlò Zarathustra: “In verità chi poco possiede è anche meno posseduto”.
C’è altro da aggiungere?
Caterina Simoncello