Immaginate di essere a casa vostra. O perlomeno in un posto che ormai avete imparato a considerare casa vostra. Dentro quelle quattro mura di un palazzone enorme avete ricostruito una sorta di routine quotidiana fatta di gesti familiari e rassicuranti consuetudini.
Magari siete quella donna anziana che la notte non dorme bene, ma si appisola proprio nelle mattinate, quando il sole allunga dita di raggi fra le tapparelle malconce. Non è che non avete sonno, anzi! È che appena il buio si posa in ogni angolo della stanza, la malinconia diventa una creatura dal respiro incerto che si siede sul bordo del letto e vi guarda con gli occhi di tutte le persone che avete perso durante questa vita ingenerosa. È bello avere finalmente una casa, non dover vivere nella costante paura di essere uccise per un niente. Ma è triste morire lontano dalla propria terra. A questo pensate mentre il sonno si allontana da voi.
Oppure siete la madre di tre bambini che fra poco torneranno dietro i banchi di scuola, due all’asilo, una alle elementari. Ogni tanto andate ad aprire l’armadio dove avete nascosto gli zainetti con dentro il segreto della felicità: 12 pastelli colorati ciascuno. Aprite l’armadio e un po’ vi sentite fiera perché dopo rinunce e sacrifici, di nascosto ai bambini, siete riusciti a comprare quegli zainetti e le confezioni di pastelli. Una ciascuno. Niente litigi quest’anno per colorare, almeno finché durano i pastelli. Adesso però siete sul letto, con vostro marito e pensate alle cose da fare in giornata, a cosa cucinare. Alla vita, insomma.
Altrimenti potreste essere l’adolescente longilineo e quasi filiforme che sogna di diventare un calciatore famoso e che, più probabilmente, diventerà uno spacciatore di quartiere cui il mondo non ha saputo offrire nulla di meglio. Lui, tecnicamente un minore non accompagnato, a volte si trova solo e la testa si riempie del vuoto delle stanze delle torture. Non sa che riempire di vuoto è un ossimoro. Per lui è la realtà: ve lo spiegherebbe così quello che gli succede quando si ricorda le torture sul tavolo imbrattato dalla paura liquida della vittima precedente. La testa si riempie di vuoto.
Infine, potreste essere le due sorelle appena maggiorenni, il cui destino adesso interessa ancora meno di quando erano solo due ragazzine. Minori non accompagnate anche loro. No, ma non vi conviene proprio essere loro e abitare un corpo mercificato dalla miseria.
Chiunque voi decidiate di essere siete comunque solo e soltanto una persona, un essere umano in bilico fra la notte e il giorno, fra il passato e il presente di questo nuovo giorno che ancora non avete iniziato ad affrontare.
Proprio allora, vengono a sgomberarvi. Un dispiegamento eccessivo di forze dell’ordine equipaggiate come se stessero andando all’assalto di una città nemica difesa da valorosissimi soldati armati. Una meticolosa crudeltà inconciliabile con quei diritti di cui avete sentito parlare. Ginevra, diritti umani, rifugiati, status di rifugiato, protezione. Quando vi hanno dato i documenti, l’incubo sembrava finito. Certo, non avevate una soluzione abitativa certa, avete dovuto occupare quel palazzone enorme, ma in fondo che importa… Casa è dove sei al sicuro, vi siete detti.
Ma la mattina in cui vengono a sgomberarvi trattandovi come ingombranti pacchi che danno intralcio, avete capito che non sarete mai al sicuro. Mentre guardavate le donne colpite con gli idranti e manganellate da chi si occupa di tutelare l’ordine (di chi?), capite che non avrete mai un posto nel mondo. Mentre guardate le mani dei bambini terrorizzati caricati su dei pullman per andare in questura (dei bambini? In questura? E per fare che cosa?) sbattere forsennatamente sui vetri, vi rendete conto di quanto crudele possa essere il genere umano. Mentre osservate la ferocia con cui vi rincorrono, vi sentite sporchi e criminali e vi scoprite a domandarvi cosa avete fatto di male…
Nascere. Questo avete fatto di male. E ostinarvi a vivere.
Tutta questa determinazione a scappare da regimi dittatoriali, leve obbligatorie, carestie, siccità, fame, guerre, violenze e stupri non la capiamo. E non capendola la sgomberiamo, come si fa con le macerie, con la spazzatura, con gli avanzi di qualcosa di cui non ci importa più. Come si fa con voi che ormai siete solo una questione di decoro, non di diritti. Siete un cavillo estetico, un impedimento al nostro delirio di possedere questa terra più di altri.
Nel frattempo ligi esecutori di ordini assurdi calpestano l’eredità di Norimberga dopo cui nessuno può nascondersi dietro gli ordini per lavarsi la coscienza ed evitare di assumersi le proprie responsabilità.
Quando gli ordini sono sbagliati, non si eseguono. Quando l’ordine è colpire chi va protetto, ci si rifiuta.
Quando ci chiedono di rinunciare alla nostra umanità, restiamo umani.
*Le foto scelte (Photo Copyright: Francesco Malavolta) non riguardano gli eventi che hanno ispirato questo testo, ma provengono da tempi e luoghi diversi di questa Europa che ha dimenticato se stessa e i suoi valori fondanti. Non importa che siano a Roma, a Belgrado, a Atene o a Ceuta e Melilla. Non importa nemmeno che si parli di minori non accompagnati o separati, di rifugiati o di migranti economici. Sono persone e in qualunque luogo l’umanità venga mortificata, bisogna alzare la voce per difenderla.