Remain in Mexico: Biden e una politica migratoria che sa di trumpismo

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A partire da questa settimana l’Amministrazione Biden ripristinerà “Remain in Mexico”: il discusso programma di gestione dell’immigrazione dall’America Centrale.

Secondo quanto riportato da un funzionario del Dipartimento della sicurezza interna (Department of Homeland Security – DHS), le prime città che ripristineranno il programma saranno El Paso e Brownsville in Texas, e San Diego in California. “Remain in Mexico” è il nome che è stato informalmente dato alle politiche di gestione dell’immigrazione introdotte durante l’Amministrazione Trump, ufficialmente denominate Migrant Protection Protocols, MPP.  Il programma è stato annunciato nel dicembre 2018 ed è entrato in vigore a gennaio 2019. A partire da questa data, circa 70mila individui che avevano raggiunto il territorio statunitense intenzionati a presentare domanda di asilo sono stati rimandati in Messico.

Remain in Mexico prescrive che i migranti siano trattenuti in Messico mentre la loro richiesta di asilo viene esaminata dalle corti statunitensi. Il programma si applica ai migranti provenienti da Sud e Centro America, e solamente a coloro che abbiano presentato una legittima e valida domanda di protezione.

Nato con l’obiettivo di far fronte all’immigrazione illegale, Remain in Mexico è stato giudicato da diverse associazioni lesivo dei diritti umani dei migranti. Ad esempio, un report di Human Rights Watch riporta le testimonianze di diverse persone che denunciano di aver subito minacce e violenze sessuali, nonché di essere stati sottoposti a ricatti, estorsioni e crimini di ogni genere. La maggior parte dei testimoni riporta di aver subito tali abusi dopo essere stati riaccompagnati in Messico dalle autorità statunitensi, in attesa delle udienze oppure al ritorno dalle stesse. In alcuni casi le vittime hanno accusato proprio i funzionari dell’immigrazione di aver commesso i reati.

Inoltre, diversi analisti ritengono che Remain in Mexico dirotti risorse e sforzi che potrebbero essere meglio indirizzati a fronteggiare le cause dell’immigrazione dai paesi dell’America Latina, nonché a riformare l’intero sistema di asilo statunitense. In ogni caso, a prescindere dalle opinioni circa l’efficacia o meno degli investimenti in denaro in un programma del genere, i costi umanitari bastano come ragione per giudicare negativamente la politica introdotta da Trump.

L’annuncio da parte dell’Amministrazione Biden di ridare slancio ai Migration Portection Protocols tradisce le promesse fatte dai democratici durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2020. Prima fra tutte proprio la riforma dell’immigrazione, che avrebbe dovuti portare a regolarizzare la situazione di milioni di persone che vivono e lavorano negli Stati Uniti in una situazione di illegalità.

È difficile difendere l’operato di Biden quando si analizza la gestione da parte della sua amministrazione del fenomeno migratorio. Basta ricordare le violenze perpetrate dalla guardia di frontiera a danno dei migranti o l’utilizzo del Title 42 – che consente respingimenti sommari invocando a pretesto il contenimento della pandemia da Covid-19 – per giudicare negativamente il nuovo inquilino della Casa Bianca. Tuttavia, per quanto riguarda il ripristino del Remain in Mexico, Biden si trova con le mani legate. Infatti, l’Amministrazione è costretta ad agire in questo modo perché così è stato imposto dalla Corte distrettuale degli Stati Uniti.

A giungo Washington aveva tentato di smantellare il programma di contenimento dell’immigrazione illegale firmato da Trump, ma un giudice federale del Texas aveva impugnato la decisione sostenendo che la stessa violasse la legge federale. La sentenza della Corte distrettuale è stata poi confermata dalla Corte suprema ed è per questo motivo che Biden non può ora fare altro che ridare slancio al Remain in Mexico.

Ciononostante, per rimandare indietro i migranti gli Stati Uniti hanno bisogno del via libera da parte del Messico. A tal fine è in discussione in questi giorni un memorandum d’intesa fra Washington e Città del Messico. Fra le condizioni che il paese centramericano ha presentato per accettare di farsi carico dei migranti respinti dagli USA vi è che la domanda di asilo venga pressa in carico dalle autorità statunitensi e portata a termine entro sei mesi, e che ai migranti venga offerta consulenza legale così da snellire le pratiche. Inoltre, il Messico pretende che sia Washington a farsi carico delle cure mediche dei migranti. A proposito, è notizia di questi giorni che verrà offerta a coloro che rientreranno nel programma Remain in Mexico la possibilità di sottoporsi al vaccino anti Covid-19.

Un’altra  condizioni  è l’accelerazione dei programmi di sviluppo finanziati dagli USA e diretti ai paesi dell’America Centrale e Settentrionale. La ratio dietro a questa richiesta è che solamente fronteggiando le cause profonde dell’immigrazione, povertà in primis, si può pensare di contenere effettivamente le partenze.

Gli indici di gradimento per l’amministrazione Biden sono in costante calo, complici la pandemia, l’inflazione, l’affrettato ritiro dall’Afghanistan e la gestione del dossier clima. Un ritorno alle politiche di stampo trumpiano per quanto riguarda le migrazioni dall’America Latina non farebbe che alienare ulteriormente una parte importante del consenso democratico.

Sebbene nel breve periodo Biden non possa che rispettare la decisione della Corte Federale e ripristinare il Remain in Mexico, è logico attendersi che la Casa Bianca ricorrerà presto in appello.




La battaglia per scardinare le politiche di Trump volte a disincentivare donne, uomini e bambini a presentare domanda di asilo negli Stati Uniti è ancora lunga. C’è da sperare che Biden rimanga fedele a quanto promesso in campagna elettorale e che non si arrenda di fronte ai pronunciamenti di corti, distrettuali e federali, il cui equilibrio politico pende verso posizioni conservatrici. In sintesi, c’è sa sperare che Biden non tradisca i valori democratici – che in realtà sono propri degli Stati Uniti in quanto nazione: l’uguaglianza di tutti gli uomini, e il diritto di ciascuno alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.

Benedetta Oberti

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