C’è un motivo se gli americani sono considerati i maestri del cinema ed in particolare del thriller psicologico. In tal senso basti pensare a Psyco di Hitchcock o a Shining di Kubrick, pellicole così importanti da essere studiate persino nelle università. Il film di cui desidero parlare oggi sta incassando tantissimo negli USA, nonostante sia costato solo 5 milioni di dollari. E da pochissimo è arrivato anche da noi, dove sta facendo impazzire migliaia di spettatori per una suspance al di fuori dell’ordinario ed una storia capace di alternare l’horror alla commedia. Volete sapere di cosa sto parlando?
Bene, proverò a farlo svelandovi solo l’inizio della trama, e senza farvi cadere nei cosiddetti spoilers, visto che non aggiungerò nient’altro rispetto a ciò che è già ampiamente comprensibile dal trailer (visionabile al termine della mia recensione).
Get Out, questo il titolo del film (in italiano orribilmente tradotto in “Scappa-Get Out), è una pellicola del 2017 per la regia di Jordan Peele, che narra le vicende di un fotografo di colore di nome Chris che parte insieme alla ragazza per conoscere i genitori di lei. Giunto sul posto, si imbatte in una tipica famiglia di bianchi del sud degli Stati Uniti.
Ma qualcosa sembra subito non quadrare al nostro giovane protagonista. Subito dopo essersi presentata, la madre di lei, una psichiatra interpretata da un eccellente Catherine Keener, cerca subito di convincerlo a sottoporsi a una seduta di ipnosi per smettere di fumare. Un po’ strano per un primo incontro coi genitori di lei, non trovate? E che dire del padre, un neurochirurgo, che prima lo abbraccia con affetto (in fondo è sempre il nuovo fidanzato di sua figlia Rose) e dopo, nonostante dichiari di esser pronto a votare Obama per un terzo mandando, comincia a rivolgergli alcuni velati epiteti razziali. Ma di che tipo di accoglienza si tratta? Ovviamente le battute del padre finiscono per infastidire pure la figlia, la quale prima di partire aveva assicurato Chris sulla cultura aperta e “liberal” dei suoi genitori. Come se non bastasse, la servitù di questa ricca famiglia americana è rigorosamente di colore. Così facciamo conoscenza della cameriera Giorgina e del giardiniere Walter, che però sembrano incapaci di empatizzare con Chris, nonostante egli cerchi di comunicare con loro per carpire quante più informazioni possibili sullo strano atteggiamento dei familiari di Rose.
Chris, in una fase iniziale, cerca di interpretare gli atteggiamenti dei familiari della ragazza come pregiudizievoli ma non ostili: si chiede se non possa trattarsi della classica coppia di genitori bianchi delusa dal fatto che la propria figlia stia con uno di colore. Ma il giorno dopo, quando il resto della famiglia di Rose si riunisce in una sorta di rimpatriata, tutti gli altarini si scoprono…
Mi fermo qui per quanto riguarda la trama, sperando di avervi stuzzicato abbastanza. Che dire di tutto il resto? Jordan Peele, il regista di Get Out, che in realtà è un comico, è al suo primo lungometraggio, eppure le sue inquadrature sono già così incredibilmente mature e capaci di descrivere ogni scena sin nei minimi dettagli. I movimenti della macchina da presa poi sono molto fluidi e lineari, ed il taglio della fotografia estremamente sapiente. L’impianto sceneggiativo è ricco di suspance e rispetta a menadito le regole del thriller, presentandoci un finale al cardiopalma. Il cast. Abbiamo un eccezionale Danier Kalluya nei panni del protagonista, capace di distinguersi specialmente per il suo sguardo sbigottito, nel quale noi spettatori possiamo incredibilmente immedesimarci. La fidanzata, Rose Hermitage, interpretata da Allison Williams, è sorprendente e non aggiungo altro. Da sottolineare inoltre la performance del padre di lei (Bradley Whitford) che con una vasta esperienza cinematografica alle spalle conferisce aurea al suo personaggio.
Infine Get out è un thriller per certi versi quasi fantapolitico per la sua tematica razziale di fondo (non è un caso che sia uscito a pochi mesi dall’elezione di Donald Trump). Il regista sembra quasi suggerire allo spettatore che dietro l’elezione politica di Donald si celi il desiderio di una certa aristocrazia americana (bianca e del Sud) di voler dimenticare in fretta gli otto anni di Obama. Ma il messaggio inviato da Jordan Peele è ancora più profondo e sembrerebbe teso a denunciare una sorta di neo schiavismo americano…
A metà tra “La notte del giudizio” e “Ti presento i miei”, Get Out strizza l’occhio a film come“Indovina Chi viene a cena”, e persino a “Hannibal” con Anthony Hopkins. La colonna sonora, curata da Micheal Abels, è un gioiello, risulta molto variegata ed alterna tracce psichedeliche a canzoni leggere, capaci di stemperare una tensione che a tratti raggiunge dei picchi quasi esagerati.
Che state aspettando, siete ancora qui? Andate subito a comprare un biglietto per “Scappa-Get Out” e fatemi sapere se anche a voi più di un brivido è corso lungo la schiena. E se siete ancora indecisi sappiate che su Rotten Tomatoes questo film ha una percentuale di consenso di 99 su 100.
Salvatore Rizzo