Fabio Meroni, consigliere comunale appartenente alla Lega del comune di Lissone, in Brianza, scrive «ci mancava lei… 75190». Il post, cancellato nell’immediato, si riferisce alla senatrice a vita Liliana Segre colpevole di aver affermato che vaccinarsi «è un dovere morale». Con questi numeri è stata marchiata Liliana Segre al suo arrivo nel campo di concentramento di Auschwitz.
Se questo non è fascismo…utilizzare quel numero senza rispetto ed associarlo ad un nome con superficialità è un vero reato morale. Quella cifra, identificativa per ogni deportato, ha avuto il solo scopo di negare ad ogni individuo, vittima di quella dannata esperienza, la propria storia, la propria dignità, il proprio volto, la propria umanità. Rivendicare atti del genere non è semplicemente un’azione violenta, già molto grave di per sé, ma è apologia e va trattata come tale.
Se questo non è fascismo…in passato è stata già sottovalutata la strategia della diffamazione che è stata in grado di far passare l’umorismo nero come un modo alternativo per far scappare una risata. Ora il cinismo ha preso il sopravvento, ma tutto risulta innocuo. Chi denuncia la deriva, invece, viene apostrofato come fatalista che non è in grado di capire che il passato è passato e non ritorna più.
Se questo non è fascismo…utilizzare le debolezze delle persone per denigrare il loro pensiero. Ridicolizzare per indebolire, deridere per svalorizzare, schernire per disprezzare. L’uso mirato della parola in questa direzione non è altro che propaganda. O perché si è fautori attivi, incentivandola, oppure perché si è passivi, quando la si usa inconsapevolmente.
Se questo non è fascismo, non è alla fine una forma meschina di violenza che merita di essere condannata?
Chiamiamolo come lo si preferisce ma almeno condanniamolo. Evitando comparazioni, che possono portare i tanti a rendere meno veritiero e meno grave l’accaduto, diventa a questo punto fondamentale interrogarsi sul nostro uso delle parole. Grazie ai social, facilmente, diventa tutto virale e quello che scriviamo si amplifica fino ad avere dei risvolti anche indesiderati. Una banale e pessima dichiarazione, come quella pronunciata dal consigliere Meroni, non è innocua e se pubblicata finisce per diventare un incentivo verso un uso incontrollato del linguaggio. Il mondo dei social si sta trasformando, sempre di più, in un contenitore d’odio e di disprezzo che porta ad un allontanamento graduale della percezione valoriale tra le persone. Il momento che stiamo attraversando non è certo dei migliori e la rabbia che attanaglia l’Italia non è un buon conduttore di quieto vivere. Assume maggiore importanza quindi tenere a mente che noi non siamo solo quello che mangiamo o quello che facciamo…ma anche e soprattutto quello che diciamo.