La Spagna approva una nuova norma contro le violenze sessuali, è conosciuta come la legge del “solo sì è sì” ed è strettamente connessa ad uno dei casi più discussi nella storia giudiziaria della Spagna. Segna, come breccia, l’apertura verso la formazione di una nuova, solida, cultura del consenso
Il caso “La Manada”
“Solo un sì è sì” fu concetto totalmente ignorato dai 5 uomini che il 7 Luglio 2016, a Pamplona, violentarono una ragazza di 18 anni. Il caso prese il nome di “La Manada” letteralmente, “il branco”, dal nome del gruppo WhatsApp creato dai cinque. Quella sera José Ángel Prenda, Alfonso Cabezuelo, Antonio Manuel Guerrero, Jesús Escudero e Ángel Boza si offrirono di accompagnare la ragazza appena conosciuta alla sua auto. La portarono però, nell’androne di un palazzo dove l’aggredirono e successivamente la violentarono. Gli stessi uomini ripresero la violenza, per poter condividere il filmato con altri amici, nel vanto.
Gli avvocati degli imputati, nel consecutivo processo, sostennero che la donna fosse consenziente. Furono utilizzate le riprese video come argomentazione alla base di tale teoria: da queste, si evinse che la ragazza inerme, scelse nel terrore, l’immobilità. A spiegare che fu l’incubo a paralizzare la giovane, dovette cimentarsi l’accusa, in un sistema per cui abuso e aggressione conoscono conseguenze significativamente diverse. L’abuso sessuale infatti è punito con pene più lievi, in quanto classificato come privo di violenza o intimidazione, e di questo furono accusati i 5.
Solo nel 2019 il tribunale supremo ribaltò la discussa sentenza, annettendo aggravanti che aumentarono la forza della condanna. La sentenza del 2016 fu comunque miccia, per infiammare la mobilitazione di centinaia di collettivi femministi, contro una giustizia definita “patriarcale, che non difende, né crede alle donne”.
Ad oggi, la scintilla sembra finalmente poter divenire vivido vermiglio.
Cosa prevede la nuova legge “solo sì è sì”?
La nuova norma, a cui manca per l’approvazione definitiva, il consenso del Senato, prevede, in stretta relazione con quanto di opinabile nel primo processo Manada, l’abolizione della differenza nel codice penale tra “aggressione sessuale” e “abuso sessuale”. Lascia in vigore unicamente il primo, con pene più gravi. Seguendo tali previsioni sarà considerato stupro qualsiasi atto sessuale in cui una delle persone coinvolte non abbia dato il proprio consenso.
“E’ una legge decisiva per cambiare la cultura sessuale nel nostro Paese… Vogliamo lasciarci alle spalle la cultura della violenza sessuale e costruire una vera cultura del consenso”, afferma la ministra delle Pari Opportunità Irene Montero sottolineando la rilevanza del perno del testo legislativo: il “consenso espresso”.
“Si considererà che esiste consenso quando è stato liberamente espresso con atti che, date le circostanze del caso, esprimono chiaramente la volontà dell’interessato”
L’enunciato normativo marca distintamente la natura del concetto di consenso, che esce definitivamente dalla sua concezione di oggetto, di proprietà, per ricoprire il suo più appropriato ruolo di “stato d’essere”. Il quale, data la sua indispensabile connessione alle interazioni umane, rappresenta un processo mai definitivo e mai implicitamente rilevabile.
Se risulta incerta la conformità d’intenti, allora un espresso assenso verbale diviene fondamentale: questo, nella sua infinita semplicità, insegna la cultura del consenso.
Sorridere o essere gentili non è consenso. Il numero di partner sessuali come il proprio orientamento, non incarnano un consenso. Non è consenso neppure l’apparire provocanti o il camminare per strada da soli.
Si stanno colmando i vuoti di un tratteggio perché emerga il netto : solo un sì è un sì, tutto il resto, è abuso.