Sono nove le ricercatrici palestinesi che compongono il team di lavoro coinvolto nel progetto lanciato dalla fondazione The Eyes on Heritage, finanziato dall’Hill Museum & Manuscript Library e dalla British Library, che ha come obiettivo quello di raccogliere e preservare antichi manoscritti, libri e archivi di studiosi palestinesi di Gaza risalenti all’epoca ottomana per poi digitalizzarli, così da renderli accessibili a tutti.
Il lavoro delle ricercatrici palestinesi
Il lavoro di raccolta e restauro è iniziato a Gaza nel 2020, in collaborazione con il Programma Endangered Archives (EAP) della British Library, per sostenere la conservazione dell’antica biblioteca della Grande Moschea di Omari (la più grande della Striscia di Gaza), che conserva, oltre a una delle più importanti e antiche biblioteche, anche gli archivi nazionali della Palestina e che si trova in quella che è oggi conosciuta come la Città Vecchia nel centro di Gaza, punto focale della comunità locale per incontri e attività culturali. La biblioteca esiste almeno dal XIII secolo e sarebbe stata fondata dal quarto sultano mamelucco d’Egitto e della Siria, al-Malik al-Zahir Rukn al-Din Baybars al-Bunduqdari. Fin dai suoi primi anni di esistenza, la Grande Moschea di Omari ha subito una storia di distruzione, saccheggio e ricostruzione. L’ultimo restauro risale al 1925, dopo i gravi danni subiti durante la prima guerra mondiale che hanno coinvolto anche la biblioteca e la sua collezione. La Moschea continua a sopravvivere nonostante la complicata instabilità politica della regione causata anche dall’intensificarsi del conflitto Israelo-Palestinese.
Grazie al team di lavoro, guidato principalmente da ricercatrici palestinesi, si è potuto arrivare a catalogare più di 200 manoscritti, tutti accessibili nella sala di lettura dell’HMML. Gran parte della collezione di manoscritti risale all’epoca ottomana, con il più antico reperto, un testo sufi, risalente al XIV secolo. La digitalizzazione e la catalogazione di questa collezione è stata completata nel 2022 e subito dopo sono iniziati i lavori per la raccolta di Eyes on Heritage, che comprende una biblioteca di manoscritti, documenti e libri rari raccolti nella Striscia di Gaza dallo storico DR. Abdul Latif Abu Hashim.
La collezione di manoscritti sono esclusivamente in arabo e coprono argomenti come la teologia islamica, il sufismo, la filosofia, il diritto, la grammatica, la medicina, la chimica, l’istruzione, la letteratura e la poesia. Particolari i manoscritti di giurisprudenza che mostrano una profonda relazione tra i giuristi di Gaza e altri giuristi delle famose città islamiche del Cairo, Gerusalemme, La Mecca, Medina, Giaffa, Damasco e Aleppo. Un elemento interessante emerso durante i lavori riguarda la presenza di 54 frammenti di manoscritti e documenti che rappresenterebbero le prove dell’esistenza di opere altrimenti sconosciute e che, soprattutto, potrebbero non avere altre copie nel mondo.
La storia dei manoscritti
I manoscritti digitalizzati sono una testimonianza della tradizione letteraria Zaydī, uno dei filoni più ricchi e variegati all’interno della civiltà islamica e, allo stesso tempo, uno dei meno studiati.
La storia degli Zaydī inizia in Iraq intorno al 740 d.C. con una rivolta per la leadership della prima comunità islamica. Il leader dei rivoluzionari era Zayd ibn’Alī, un pronipote del profeta Muhammad. Zayd era insoddisfatto del dominio dei califfi Umayyad, che controllavano un impero che si estendeva dalla penisola iberica all’Asia meridionale. Nonostante Zayd uscì sconfitto, alcuni seguaci continuarono a seguirlo e a riconoscerlo come leader legittimo. Gli Zaydī trovarono rifugio nelle regioni più montuose, dove era più difficile per i governi sopprimerli o controllarli. Per molti secoli, porzioni degli altopiani settentrionali dell’Iran e la pianura costiera del Mar Caspio sono stati territori Zaydī. Un’altra comunità si sviluppò sulle montagne dello Yemen settentrionale nell’897 d.C. e divenne una potenza duratura, con una linea di imam che continuò fino alla rivoluzione repubblicana del 1962.
Come altri gruppi sciiti, gli Zaydī credono che i discendenti maschi del Profeta abbiano il diritto di governare la comunità musulmana come imam. Tuttavia, mentre la maggior parte dei gruppi sciiti di solito passano la posizione di imam direttamente da padre in figlio, gli Zaydī scelgono un imam tra tutti i candidati qualificati. Anche se questo ha talvolta portato a conflitti interni tra diversi discendenti, ha anche aiutato gli Zaydī a mantenere una linea attiva di imam nel XX secolo, una continuità che ha contribuito alla relativa stabilità della comunità.
Nel corso dei secoli, gli Zaydī hanno mantenuto una cultura accademica attiva e prodotto migliaia di manoscritti, sia nei centri urbani (come Ṣană e Ṣaşdah in Yemen) che nei villaggi più piccoli e nelle fortezze di montagna. La tradizione Zaydī enfatizza la selezione di un imam con abilità accademica (tra le altre qualità), il che significa che molti degli imam sono stati autori prolifici a pieno titolo.
Nonostante questa ricca tradizione intellettuale, la cultura Zaydi è stata spesso trattata come marginale. Negli ultimi anni, HMML ha collaborato con diverse organizzazioni per rendere accessibili online le fotografie dei manoscritti Zaydi. Tutte le immagini raccolte finora sono visibili in HMML Reading Room, in cui è possibile osservare più di 800 manoscritti di diverse collezioni che vanno dal 1118 al 1984.
La Striscia di Gaza
La collezione è considerata una risorsa importante del patrimonio storico e culturale palestinese, soprattutto perché situata in una delle zone più fragili del Medio Oriente, la Striscia di Gaza. L’area è sottoposta a blocco aereo, marittimo e terrestre da parte del governo israeliano dal 2007, da quando l’area è passata sotto il controllo diretto dell’organizzazione militare di Hamas. Il blocco ha portato all’isolamento della Striscia di Gaza dal resto del mondo, con i suoi 2,1 milioni di residenti che sperimentano grandi limitazioni all’accesso ai servizi essenziali.
L’attrezzatura da laboratorio per il restauro e la digitalizzazione degli antichi manoscritti è stata portata a Gaza con l’assistenza della rete di aiuti internazionali in Palestina, attraverso un processo molto complesso e coordinato per superare i controlli di frontiera. Anche l’accesso ai manoscritti di Zaydī è stato difficile, in parte perché i manoscritti sono ampiamente dispersi: ci sono circa 100.000 manoscritti nello Yemen, ma anche importanti collezioni altrove nel Medio Oriente, almeno 10.000 manoscritti di Zaydī si trovano nelle biblioteche europee, e circa 1.000 in Nord America.
Eyes on Heritage riconosce la sua responsabilità nazionale a preservare l’eredità culturale della Città di Gaza. Questa città è stata oggetto di guerre e ripetuti attacchi che hanno messo in pericolo i suoi libri, manoscritti, archivi e fotografie rare. Alcuni sono stati rubati, danneggiati o persi, mentre molti altri sono stati distrutti a causa degli attacchi aerei israeliani. Gaza è considerata un campo di battaglia e tutti la vedono come una zona di guerra, ha affermato Hanin Al-Amassi, direttrice esecutiva della fondazione Eyes on Heritage.
Tutte le collezioni antiche raccolte finora hanno caratteristiche distintive, ma sono tutte collegate dalla stessa passione e forza da parte delle comunità locali palestinesi nel preservare il loro patrimonio, che rappresenta una testimonianza della loro storia. Si tratta di un enorme traguardo per fornire l’accesso a reperti provenienti da tradizioni non studiate come quella Zaydī, da sempre trattata come marginale dalla maggior parte degli studiosi occidentali dell’Islam, che hanno rivolto la loro attenzione principalmente alla comunità sunnita di maggioranza nelle terre islamiche centrali del Medio Oriente.