Fragile Body – Material Body è il leitmotiv che ha animato tutta la settimana dedicata alla performance art, iniziata il 10 dicembre e conclusa ieri, 17 dicembre, a Venezia. L’esibizione è stata progettata e curata dagli artisti Verena Stenke e Andrea Pagnes, organizzata dall’associazione culturale no profit Studio Contemporaneo di Venezia, che quest’anno hanno portato all’evento ottanta performance artists internazionali. Palazzo Mora è stata la sede dell’esibizione, aprendo tutte le sue stanze, passaggi e gallerie per ospitare le performance installations, video e fotografie che hanno documentato performance passate di artisti internazionali pionieri delle scene di questo genere e dei suoi movimenti.
La performance art prende forma negli anni sessanta in Europa e negli Stati Uniti. Gli artisti di questa corrente sentono l’esigenza di distaccarsi dalle arti visive tradizionali. Negli anni sessanta il corpo diventa materia prima del performer che si svincola dai materiali classici. Gli artisti della performance art si sentono così, liberati da vincoli materiali diventano essi stessi il fulcro della loro arte che si esprime in una nuova gestualità. La performance art ha preso in prestito movimenti e concetti da altre arti come la danza, il teatro e il canto. Alcune performance si ispirano alle tradizioni popolari, allo sport e ai gesti della vita quotidiana. Questi artisti che eseguono le loro performance anche all’interno di musei e di gallerie, capovolgono la concezione di questi spazi e la ricezione artistica, non più contemplativa ma dinamica e interattiva.
All’interno delle stanze di Palazzo Mora ti potevi imbattere in video, fotografie e sculture di artisti noti, ognuno con le proprie tematiche e stile artistico nel creare le proprie performance. Vi erano riproduzioni video delle performance dell’artista Marina Abramović con Lips of Thomas e Nude with Skeleton. Nella stessa stanza della Abramović vi era anche l’artista francese Orlan che ha basato la sua ricerca sulla body art, con il video Omnipresence costui documenta le sue operazioni di chirurgia estetica. Vi erano anche filmati sulle opere di Bruce Nauman, di Paul McCarthy e dell’artista Sterlac, quest’ultimo attraverso le sue performance mette in relazione il corpo con la macchina. Era presente alla mostra anche Yoko Ono con la scultura A Hole, un’opera che rimanda alla sua lotta contro i conflitti, le violenze e la guerre. L’artista Charlotte Moorman a cui è stato dedicato uno spazio con la scultura Bomb cello e con diverse fotografie a documentare le sue performance, opere che racchiudono la relazione tra la sua passione per il violoncello e la performance art.
Essendo l’evento dedicato alla performance art non sono mancate le serate animate da performance dal vivo, di artisti provenienti da ogni parte del mondo. Durante il giorno si susseguivano workshop e conferenze con artisti e curatori.
Ieri è terminata questa trilogia sul corpo nata nel 2012 con la mostra Hybrid Body – Poetic Body, seguita da Ritual Body – Political Body e conclusa quest’anno con Fragile Body – Material Body. Trilogia cui filo conduttore erano i corpi fisici trasformati in materia artistica. Con lo scopo di indagare sulla fragilità dell’individuo quando si relazione con la società. L’individuo diventa vulnerabile e prova a plasmarsi e rendersi compatibile con il suo contesto e ambiente anche attraverso trasformazioni fisiche e modificazioni del proprio corpo.
Giulia Saya