La felicità secondo Epicuro

La felicità secondo Epicuro è riuscire a vivere con poco, godendo appieno l'attimo.

Quale relazione lega piacere, felicità e filosofia? In questo articolo racconteremo il punto di vista di Epicuro, pensatore tradizionalmente associato al culto del piacere. Come vedremo, la felicità secondo Epicuro è in realtà un’arte più difficile di quanto sembri.

Due bambini giocano con l'acqua in un fiume nel bosco. Riflettono la felicità secondo Epicuro alla perfezione.
La felicità secondo Epicuro è riuscire a vivere con poco, godendo appieno l’attimo e coltivando le relazioni con gli altri.

Epicuro e John Lennon

Epicuro fu un controverso filosofo greco del III secolo a.C. che pose al centro della propria riflessione la felicità. Su di lui contemporanei e posteri ebbero nei secoli opinioni discordanti. Secondo alcuni era un sapiente innamorato della vita e dotato di un ferreo autocontrollo; secondo altri era un bruto, un eretico, un maiale. Per raccontare la sua prospettiva – e in particolare cosa sia la felicità secondo Epicuro – partirò da una celebre affermazione, involontariamente epicurea, di John Lennon.

Quando andai a scuola, mi domandarono come volessi essere da grande. Io scrissi “felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io dissi loro che non avevano capito la vita.

Il nostro filosofo avrebbe sicuramente apprezzato la risposta di quello studente.

Epicuro era un epicureo?

L’aggettivo “epicureo” – oggi raro – indica comunemente un amante dei beni materiali, un ateo seguace del piacere. La filosofia di Epicuro insegue il godimento? È questa la felicità che ci propone? In realtà, no. In una delle Sentenze Vaticanequi la raccolta completa – a Epicuro è attribuito il detto:

Il corpo chiede di non avere fame, non avere sete, non avere freddo. Chi soddisfa questi bisogni, o pensa di poterli soddisfare, può considerarsi felice come Zeus.

La felicità secondo Epicuro è riuscire a vivere con quanto basta. Questo ci è possibile, però, solo riconoscendo che esistono importanti differenze tra i nostri bisogni e i piaceri che derivano dal soddisfarli.

Gerarchia di bisogni e piaceri

Per Epicuro esistono due tipi di piacere: il piacere stabile e piacere passeggero. Sperimentiamo il piacere stabile nel soddisfare sobriamente bisogni naturali e necessari, fisiologici. Proviamo questo piacere, ad esempio, calmando la sete con un bicchiere d’acqua o il freddo con un maglione. Il piacere passeggero, invece, viene dal soddisfare bisogni naturali ma non necessari e bisogni né naturali né necessari. Un bisogno naturale non necessario è quello di sfamarsi con cibi raffinati. Un bisogno non naturale né necessario, invece, è quello di ricchezze. Il piacere associato a questi bisogni è passeggero perché, a differenza di quelli naturali e necessari, questi sono illimitati. Infatti, ci sarà sempre un altro cibo da gustare, un guadagno maggiore da perseguire. Ma il caso può facilmente privarci della possibilità di soddisfare questi bisogni.

Gli ostacoli alla felicità

Il dolore e il turbamento che ci impediscono la felicità scaturiscono, in primo luogo, dalla mancanza del piacere. Per evitarli dobbiamo imparare a distinguere i bisogni naturali e necessari dagli altri. Si tratta, in effetti, di calcolare con prudenza vantaggi e svantaggi derivanti dal soddisfare un bisogno. E di notare come i piaceri semplici ci portino serenità, mentre gli altri ce ne allontanino inesorabilmente. Ora, secondo Epicuro, vale poco un piacere che ci causa una perenne agitazione per il timore di perderlo o il volerne di più. Una seconda fonte di inquietudine, poi, è la paura. A farci soffrire sarebbero, oltre alla paura di non potersi garantire il piacere, la paura del divino, della morte e del dolore fisico. Ma come poter vivere senza paura?

Una disciplina per vivere bene

Con l’aiuto della filosofia. Epicuro, nella Lettera a Meneceo, scrive che

 Chi dice che è troppo presto o troppo tardi per dedicarsi alla filosofia, è come se dicesse che non ha ancora o non ha più l’età per essere felice.

La filosofia ci dispone alla felicità offrendo un “quadruplice rimedio” contro dolore e paura. Anzitutto ci mostra, pur rispettando il divino, che la nostra felicità dipende da noi. Secondariamente, descrivendo la morte come una disgregazione degli atomi dell’anima, ci insegna a non temerla troppo. Morendo non esistiamo più: come potremmo patire? Inoltre, la filosofia chiarisce che una vita mortale non vale meno dell’immortalità, se diamo valore all’attimo. In terzo luogo, essa aiuta a capire che il dolore è sempre temporaneo oppure destinato a finire presto. Infine, la filosofia abitua a valutare attentamente bisogni e piaceri, liberandoci dalla schiavitù del superfluo.

Attualità del pensiero di Epicuro

Pensare con Epicuro, oggi, è un potente antidoto all’ansia rispetto alla propria vita. Infatti, il filosofo ci ricorda che è davvero poco l’irrinunciabile e che possiamo procurarcelo abbastanza facilmente. Questo non significa – attenzione! – che la felicità secondo Epicuro comporti un vivere al ribasso. Al contrario, essa deriva da un continuo esercizio di scelta. Felice è chi sa vivere con poco. Chi coltiva le relazioni umane autentiche e chi non si stanca di essere curioso. Soprattutto, felice è chi, sapendosi mortale, gode dei momenti passati così come del presente, incontrando il futuro senza paura. La felicità secondo Epicuro non è a buon mercato: è il compito di una vita intera.

Valeria Meazza

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