La guerra dei diritti sui corpi delle persone minorenni

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Ethan Bonali www.ultimavoce.it

Di Ethan Bonali


Con la sentenza del 17/09/2021 della Corte di Appello del Regno Unito si è conclusa la vicenda che vedeva opporsi Keira Bell, assistita dal legale Paul Conrathe, e la Tavistock and Portman NHS Foundation Trust a favore di quest’ultima.

La causa era stata intentata contro GIDS – Servizio di Sviluppo dell’Identità di Genere della Tavistock Clinic – da Keira Bells (23 anni), ex utente, che dopo aver assunto bloccanti della pubertà a 16 anni ed essersi sottoposta all’intervento chirurgico di mastectomia a 20 (top surgery) si è pentita del suo percorso ed ha detransizionato, tornando al genere assegnatole alla nascita.

Secondo recenti ed ampi studi che abbracciano circa 40 anni di dati riguardanti la transizione di persone transgender, la percentuale di persone transgender che scelgono di detransizionare oscilla tra l’1.9% e il 3.5%, e soprattutto, a causa delle difficoltà che la società impone e non per una leggerezza nel permettere di accedere al processo di affermazione di genere o per una mancanza di coscienza di sé della persona minore.

Il principio fondamentale trattato nel caso Bell Vs Tavistock riguarda la leicità di prescrizione di bloccanti della pubertà a minori di 18 anni e la capacità dei minori di prendere decisioni sulla propria salute.

Sono dunque due i piani principali su cui focalizzarsi: il primo riguarda tout court la salute e il diritto ad autodeterminarsi delle persone trans in età minorile, il secondo riguarda la capacità di prendere decisioni sulla propria salute di qualunque persona minorenne.

Sul primo punto è possibile affermare che l’assunzione di farmaci che bloccano la pubertà permette alla persona minorenne di guadagnare tempo per esplorare la propria identità di genere, prevenire atti di autolesionismo, depressione, pensieri suicidari o suicidi e, in caso la persona volesse andare avanti nel proprio percorso di affermazione di genere – e quindi proseguire con le terapie ormonali ed eventuali operazioni chirurgiche, quella temporanea sospensione dello sviluppo permette di evitare numerose operazioni altrimenti necessarie.

I bloccanti della pubertà, ovvero quei farmaci che permettono di rallentare la produzione di ormoni e il sviluppo delle caratteristiche sessuali, sono in uso da decenni e, contrariamente a ciò che alcune organizzazioni di odio anti – lgbt e stampa male informata stanno diffondendo – sono farmaci sicuri e totalmente reversibili.

Sul secondo punto fa luce la stessa sentenza della Corte di Appello al punto 76 della sentenza di appello: secondo la Corte di Appello, la motivazione della prima sentenza, in favore di Keira Bell, riportava l’applicazione della ratio decidendi di Gillik – ovvero la capacità di un minore di prendere decisioni sulla propria salute attraverso il consenso informato ed indipendentemente dal volere dei propri genitori in maniera errata. Tale ratio infatti, così applicata come da primo giudizio, avrebbe avuto serie implicazioni sul diritto delle persone minorenni ad abortire e accedere ai contraccettivi.

Tali implicazioni non sarebbero state un danno collaterale, ma con ogni probabilità il bersaglio principale della causa. Se si fa una breve ricerca sul legale che assiste Keira Bell, è facile imbattersi in cause legate alle istanze dei movimenti pro-vita dallo stesso perorate contro il diritto all’aborto, al fine vita per l’associazione CareNotKilling, all’età del consenso per le relazioni omosessuali e in dichiarazioni piuttosto discutibili sulla libertà di parlare di identità di genere e persone transgender nei media, dichiarazioni che richiamano studi pseudo – scientifici riguardanti ipotetiche epidemie di transizioni dovute “alla vicinanza” con altre persone transgender e alla diffusione dei media di argomenti che “potrebbero spingere i minori ad un percorso medico sperimentale”.

Il caso di Keira Bell ha dato grande visibilità al movimento delle persone “detrantioner”, un movimento di poche centinaia di persone che si basa su argomenti pseudoscientifici per ottenere restrizioni all’autodeterminazione delle persone transgender e delle persone minori in generale, come sarebbe potuto essere se la sentenza in primo grado non fosse stata ribaltata dall’appello. Tale movimento ha ottenuto grande visibilità grazie all’interesse ed ai finanziamenti provenienti da gruppi di odio anti – lgbt come Alliance Defending Freedom, l’American College of Pediatrician che sono stati ultimamente citati anche in alcuni blog femonazionalisti TERF italiani in una campagna di panico morale nei confronti dei minori e adulti transgender.

Anche Repubblica – D, nel suo speciale per i 25 anni, non è stata esente dall’aver dato voce a questa campagna di panico morale, citando anche il caso Tavistock, con un dossier riportante informazioni confuse, citazioni di studi pseudo-scientifici e la promozione, senza contradditorio, delle terapie riparative sui minori transgender.

La sentenza appena passata avrà ripercussioni a livello mondiale poiché Tavistock è un punto di riferimento per i protocolli, fortunatamente in senso positivo, con la tutela della salute e dei diritti di autodeterminazione delle persone minori.

È stato dichiarato dalla sentenza che il protocollo della Tavistock Clinic è appropriato e che la decisionalità sui procedimenti da tenere resta ai professionisti e non ad un tribunale.

La Tavistock potrà dunque riprendere a fornire i propri servizi e, per il momento, la campagna di panico morale subirà un rallentamento. A latere la sentenza è di estrema importanza per la salute delle persone minori, in quanto risponde alle ansie dei genitori causate da quelle stesse campagne di panico morale e renderà la vita più facile ai bambin* che potranno esternare i propri bisogni e necessità senza vedersi giudicati, o peggio, immessi in un circuito pseudo-medico e psicologico che li vuole guarire.

Una delle prossime battaglie sulle quali si sentirà molto parlare è il bando definitivo delle terapie riparative sulle persone LGBT, bando al quale, sorprendentemente, alcune realtà “femministe” si oppongono in nome della difesa di donne e bambine.

Resta alta l’attenzione alle cause legali portate avanti dai movimenti pro-vita e di odio anti-lgbt anche con la connivenza di alcune realtà definitesi femministe ma in stretto rapporto con battaglie contro i diritti umani.

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