200 uomini in una cella. Condizioni di vita miserabili. I diritti umani non esistono.
Il carcere di Quezon City, nelle Filippine, è uno dei più affollati al mondo e non sa cosa siano i diritti umani. Gli uomini dormono dappertutto: nelle celle, nelle zone comuni, nel sottotetto e sulle scale; lo fanno per terra, addirittura nel campo da basket all’aperto perché dentro non c’è posto. E lo fanno su turni, perché altrimenti non c’è spazio per tutti.
Quella di Quazon, a nord-est di Manila, è una delle strutture carcerarie più fatiscenti delle Filippine. Costruita nel 1956 per ospitare 800 persone, conta oggi 3800 detenuti, oltre il 400% in più della capienza consentita. Basti pensare che in una cella che potrebbe ospitarne al massimo 20 ve ne sono invece fino a 200. Il fotografo Afp Noel Celis ha varcato la soglia di questo inferno, documentando la disumanità della condizione in cui versano i carcerati.
Se già l’esperienza in prigione è di per sé una condizione difficile da affrontare, sopravvivere nella Quazon City Jail è un’impresa piuttosto ardua. Un luogo dove la detenzione diventa una costante lotta per accaparrarsi qualche millimetro di spazio in più, e non morire letteralmente schiacciati dalla presenza degli altri. Una vera e propria tomba per i diritti umani fondamentali.
La prigione di Quazon, ma anche le altre del Paese, come quella di Manila e di Muntilupa, risultano dei posti infernali dove non vi è la minima considerazione dell’essere umano, con condizioni di vita miserabili e umilianti. Urgentissima è dunque la necessità di riformare l’intero sistema carcerario delle Filippine.
D’altronde, in un Paese il cui il neopresidente afferma che uccidere un giornalista è giusto, forse non ci si può aspettare molto altro. È così, infatti, che Rodrigo Duterte, ha esordito appena qualche mese. Come riporta Globalist.it, secondo Duterte
“Solo perché sei giornalista, non significa che tu sia esente dall’essere assassinato, un figlio di… Non c’è libertà di espressione che tenga, quando fai un torto a qualcuno”.
Addirittura “non c’è libertà di espressione che tenga”. Secondo l’opinione del neopresidente, in genere i giornalisti vengono uccisi perché sono corrotti. “Se sei un bravo giornalista, però, nessuno ti toccherà”, rassicura il presidente, conosciuto da tutti come the punisher (il giustiziere).
Oltraggioso il bavaglio nei confronti dei media operato dallo Stato. Le Filippine è infatti uno dei Paesi più pericolosi per la libertà di stampa. Solo lo scorso anno sono stati uccisi 7 giornalisti e quest’anno sono già 2 i reporter scomparsi. La stessa Federazione Internazionale della stampa afferma che il Paese è lo stato asiatico più a rischio per chi racconta la verità, prima delle Filippine solo l’Iraq è più pericoloso.