Ebbene si, una proposta di legge punta a metter fine alla guerra tra il panino da casa e la mensa, che diventa obbligatoria.
A solo un anno di distanza dalla sentenza di Torino, che ha aperto uno spiraglio dando la possibilità ai genitori di dare ai bambini il pasto preparato a casa, governo e Parlamento impongono la mensa per legge.
La pietra dello scandalo è l’articolo 5 del disegno di legge che riguarda tutta la ristorazione collettiva, anche quella ospedaliera, in discussione al Senato: “I servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche“.
Le famiglie che difendono il panino insorgono, mentre i promotori sottolineano che così si mette fine al caos nelle scuole. Una battaglia giocata, solo e soltanto,a discapito di circa 5 milioni,tra bambini e ragazzi che mangiano in classe.
Hanno, quindi, ritirato fuori il disegno di legge del 2015, non coinvolgendo le famiglie, e rendendo obbligatorio non la mensa, ma il servizio a pagamento in mensa.
I genitori preferiscono munire della c.d. “schiscetta” i figli,pe una questione economica ma, altresì, per una questione di qualità poiché le aziende che si aggiudicano l’appalto non sempre propone alimenti di alta qualità.
Le norme saranno esaminate dalla commissione Agricoltura del Senato entro il mese di agosto, poi sarà compito dell‘Istruzione, prima del voto definitivo in aula.
La partita è ancora aperta.
Alcuni genitori pensano già al piano B”: “Cambieremo sezione per passare dal tempo pieno a quello normale, almeno i bambini potranno tornare a casa per pranzo“.
Non vogliono essere obbligati a fornirsi dalla ditta che ha vinto l’appalto per una questione di qualità e di costi: a Torino un massimo di 7,10 euro a pasto, a Napoli 4,50, a Milano 4 e a Perugia 2.
“L’imposizione – dicono i genitori – non realizzerà uguaglianza, ma incrementerà l’iniquità tra famiglie“.
Il disegno di legge,però, punta a modificare i capitolati dell’appalto; riferendosi oltre all’offerta più vantaggiosa anche alla qualità dei prodotti e ovviamente ai criteri igienico-sanitari.
Ma sarà davvero così?quanti casi di cronaca di mense che utilizzano prodotto avariati si sono susseguiti nel tempo!?
Il punto focale è quello di non creare disparità di ogni tipo, poiché si sostiene che taluni bambini vengano ghettizzati poiché mangiano il pasto fai da te; arrivando sino all’isolamento del bambino stesso dai propri coetanei.
I presidi pensano al “valore educativo della mensa“. Ragionando sulla prospettiva: “I Comuni potrebbero decidere per i costi insostenibili di non garantire più il servizio, mettendo a rischio il tempo pieno“.
E ancora: “La mensa obbligatoria sarebbe paragonabile alla fornitura dei libri di testo alle elementari, gratuita o quasi, al pari di un servizio pubblico essenziale“.
Basti pensare che, nelle regioni del Sud circa il 70% non usufruisce della mensa, al contrario al Nord circa il 70% ne usufruisce.
In realtà, premettendo la qualità del cibo, la questione ha due facce:
L’una contribuirebbe a favorire l‘inserimento, del bambino, in un momento conviviale quale quello del pranzo; l’altra ha a che vedere con la praticità.
Ovvero con l‘esclusione, comunque, del bambino appartenente alle famiglie più disagiate, le quali, magari, non potranno sostenere la spesa della mensa.
Occorre analizzare, in modo pedissequo, tutte le questioni.
Anna Rahinò