Tortura e maltrattamenti in carcere: altri sei arresti

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Sono stati condannati agli arresti domiciliari sei agenti di polizia di Reggio Calabria, mentre due sono stati sospesi dall’esercizio del proprio ufficio per accuse di tortura e lesioni aggravate nei confronti di un detenuto.

La vicenda

La sentenza arriva quasi un anno dopo i fatti: nel gennaio del 2022 Alessio Peluso, detenuto di origine campana, si era rifiutato di rientrare in cella e la reazione degli agenti penitenziari è stata violentissima. Come riportato su ReggioToday il detenuto è stato sottoposto a un “trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”: percosso con pugni e colpi di manganello l’uomo è stato lasciato da solo in una cella di isolamento, in cui era stato condotto in modo illecito, senza vestiti. Tra gli otto accusati per tortura e maltrattamenti, c’è anche Stefano La Cava, comandante del reparto penitenziario dove sono avvenuti i fatti, responsabile, secondo la procura anche di falso ideologico, omissione di atti di ufficio, di calunnia e di tentata concussione.

Non si tratta di un caso isolato

Nel mese di novembre si sono tenuti i processi per numerosi casi di violenze perpetuate in carcere: gli 8 agenti di Reggio Emilia si aggiungono ai 45 indagati per l’inchiesta del carcere di Ivrea, in merito ai pestaggi subiti dai detenuti della casa circondariale e anche ai 15 agenti indagati nel carcere di Bari, per violenze e torture imposte ai detenuti. In tutta Italia, al momento, più di 200 operatori penitenziari sono indagati, imputati o giudicati per condotte violente.

Questi numeri probabilmente non rappresentano una reale fotografia della situazione perché i casi di violenza spesso non vengono denunciati per il timore di ripercussioni. Tuttavia evidenziano che la piaga della violenza in carcere è lontana da una risoluzione in Italia.

Una piaga sociale difficile da combattere

Per la difesa dei diritti dei detenuti è nata, alla fine degli anni ’80,  l’associazione Antigone. Si tratta di un’associazione politico-culturale che coinvolge magistrati, agenti di polizia, parlamentari e tutti coloro che hanno a cuore il rispetto dei diritti anche nel sistema penale. Il direttore di Antigone sottolinea il ruolo essenziale della legge sulla tortura, approvata nel 2017, nella denuncia di maltrattamenti. Il reato è stato reintrodotto in ritardo rispetto ad altri paesi europei perché alcune forze politiche lo ritenevano un ostacolo al diritto del personale penitenziario di mantenere l’ordine e il rispetto delle carceri. I numeri però parlano chiaro:  questo non basta.

Come riportato dall’articolo 27 della costituzione “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Eppure il carcere si sta trasformando in un luogo di morte: solo nel 2022 i casi  i casi di violenze, suicidi, tortura e maltrattamenti sono saliti vertiginosamente. Quest’anno più di 80 detenuti si sono tolti la vita e l’alto tasso di denunce registrate verso gli agenti penitenziari dimostra che, nonostante la legge il carcere, è considerato un luogo di punizione e non di rieducazione.




i casi di tortura e maltrattamento non sono attribuibili a una cattiva condotta di singoli agenti o responsabili, ma si tratta della manifestazione di un problema connesso a un sistema penitenziario malato. La carenza di personale adeguatamente formato, l’inidoneità di molte strutture e il sovraffollamento delle carceri sono alcune delle cause sistemiche di queste forme di violenza.

Ludovica Amico

 

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