La spada nella roccia: il mito attraverso la storia
Tutti conoscono la fantastica leggenda di re Artù, uno dei personaggi più noti di una storia cantata attraverso i secoli.
‘’Un re radioso e un cavaliere ideale, l’incarnazione della lealtà e della magnanimità’’ scrive Goffredo di Monmouth (storico e scrittore britannico medievale), che è stato il primo a citarlo nella ‘’Storia dei re di Britannia’’. I suoi racconti basati su personaggi nobili e re britannici (realizzati tra gli anni 1149-1151), si diffusero in tutto il mondo cristiano dell’epoca.
La leggenda che ha ispirato la cinematografia
Dopodichè, il mito ha preso vita anche nella nostra epoca: ha ispirato film, serie tv, cartoni animati. Esempi lampanti sono: la serie televisiva Merlin, i numerosi film cinematografici come ”King Arthur”, ”Camelot” o ”Excalibur”. Su tutti però, c’è l’indimenticabile presenza di Walt Disney (animatore, imprenditore, disegnatore, cineasta, doppiatore e produttore cinematografico statunitense) che si è ispirato a questa leggenda con il cartone animato: ‘’La spada nella roccia’’.
Tutti conosciamo la sua leggenda. Secondo essa l’orfano Artù, allevato ed educato da mago Merlino, divenne re di Britannia soltanto dopo esser riuscito ad estrarre la famosa Spada nella Roccia.
Rivediamo la scena più magica del cartone, qui sotto riportata:
Non tutti sanno però, che questa leggenda trae origini da una storia italiana.
Nel 1148 in un paese vicino a Siena chiamato Chiusdino, nasce Galgano Guidotti.
I suoi genitori, dopo anni di matrimonio e di sterilità, desideravano da molto l’arrivo di un figlio. Alla ricerca di un miracolo si recarono in pellegrinaggio alla Basilica di San Michele sul Monte Gargano, in Puglia.
E’ stato molto probabilmente grazie a questo viaggio che i suoi genitori decisero di dargli il nome di Galgano, in onore del luogo sacro visitato.
Una volta cresciuto il fanciullo diventa cavaliere, ma nel frattempo segue una vita abbastanza dissoluta e libertina. Era un ragazzo violento, ed il suo desiderio era quello di puntare ad una vita di divertimenti e di piaceri.
Le visioni dell’arcangelo Michele
Nel 1180 Galgano però sceglie di cambiare vita, rimasto colpito da due diverse visioni dell’arcangelo Michele. Nella prima visione San Michele gli confida che vuole fare di lui un Cavaliere di Dio. Nella seconda gli mostra il suo nuovo percorso di vita sotto la sua protezione.
Galgano di conseguenza, mette in discussione la sua esistenza di uomo, decidendo di dedicarsi interamente alla vita religiosa ed a Dio vivendo da eremita.
Per simboleggiare questa sua decisione Galgano impugna la spada che aveva ricevuto dopo esser divenuto un cavaliere, e la conficca in una roccia. Pregò poi davanti all’elsa, che si erge nella roccia come una croce.
Negli anni seguenti Galgano viene conosciuto per i suoi miracoli, morendo il 30 Novembre 1181 a Chiusdino.
Viene immediatamente beatificato, e nel 1185 viene proclamato da Papa Urbano III come Santo.
Il Culto di San Galgano e di San Michele
Dopo essere stato proclamato Santo, San Galgano ed il suo mito si diffusero rapidamente, specialmente nel contesto cavalleresco. Nacque di conseguenza anche un’ adorazione ed un culto religioso per questo personaggio.
Così come nel mito l’arcangelo San Michele, un angelo guerriero e protettore, è sempre rappresentato con la spada sguainata accanto al Santo Galgano.
Il loro culto era particolarmente intenso e diffuso in tutto il Medioevo, presente nella vita dei guerrieri e dei combattenti dell’epoca. Un esempio sono i Longobardi ed i Franchi che esprimevano la loro devozione attraverso pellegrinaggi e riti, oltre che nella costruzione di chiese come Mont Saint-Michel in Francia, e sulla monetazione o negli stendardi.
Le indagini scientifiche su la spada nella roccia
Sono state condotte anche delle proprie e vere indagini scientifiche per analizzare l’autenticità di questa storia. I ricercatori delle Università di Pavia, Siena, Padova e Milano hanno confermato che l’elsa che emerge dalla roccia appartiene a una vera spada, realmente conficcata nella roccia.
Anche confrontando la cronologia della vita del Santo Galgano con le opere del ciclo arturiano realizzate dopo la morte di questo personaggio, si può facilmente ipotizzare che la sua storia sia stata la vera fonte ispiratrice della leggenda del re Artù.
Per molti altri, invece, la spada è stata considerata falsa nonostante essa sia ancora conficcata nella roccia nell’eremo di Montesiepi. Il luogo in cui Galgano si era ritirato per condurre la vita spirituale.
Questo finché, nel 2011, una ricerca effettuata da Luigi Guarleschelli dell’Università di Pavia ha dimostrato le origini medievali dell’arma. La sua composizione metallica non mostra un uso di leghe moderne, ed il suo stile è perfettamente compatibile con quello di una spada del XII secolo.
Le Reliquie rimaste
Le testimonianze non sono molte; la maggior parte delle tracce sono andate perdute o distrutte col tempo. Ciononostante, la chiesa di San Michele di Chiusdino conserva il teschio della testa di San Galgano. Il Museo dell’Opera del Duomo di Siena tiene esposto invece un reliquiario del XIV secolo, usato in precedenza per custodirla. Lo stesso museo, inoltre, possiede il pastorale degli abati di San Galgano.
Molti pittori famosi, quali ad esempio Domenico Beccafumi, il Sodoma, Bartolomeo Bulgarini, Ventura Salimbeni, hanno rappresentato in diverse opere ed occasioni episodi San Galgano.
Nel 1268, fu consacrata l’Abbazia di San Galgano che visse un secolo di completa e ricca prosperità, prima di andare lentamente in declino.
Ciononostante, San Galgano è tutt’oggi venerato come Santo dalla Chiesa cattolica e la sua spada è ancora conficcata nella roccia. Quest’ultima è possibile trovarla nell’eremo che porta il suo nome, ed è divenuta una meta di curiosi e di devoti cattolici.
La sua narrazione è un simbolo forte di religiosità, e la sua spada è diventata uno strumento di pace e di speranza.
Luisa Oranti