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Disabili a Gaza: il dramma di chi non può urlare e fuggire dalla guerra

di admin
16 Ott 2024
in Disabilità
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Disabili a Gaza
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Bambini che si vedono strappare braccia e gambe, persone che non hanno la possibilità di urlare o di alzarsi in piedi per scappare. Loro, i disabili a Gaza, sono le vittime più fragili del conflitto, e necessitano di aiuto urgente

I disabili a Gaza, prima del 7 ottobre, erano 98mila tra bambini e adulti. Oggi sono migliaia.

L’impatto degli attacchi è più forte sugli individui con disabilità fisiche e/o mentali, già presenti o acquisite.
In molti, a causa delle restrizioni israeliane imposte sulle importazioni, si sono visti negare farmaci e forniture necessarie, come ventilatori, kit di supporto psicosociale e dispositivi di assistenza, come le stampelle o le sedie a rotelle. A questo, si aggiunge la mancanza di strutture funzionanti sul territorio.

Inoltre, le persone con condizioni di salute mentale, come il disturbo bipolare o la schizofrenia, non hanno accesso alle loro cure regolari perché l’unico ospedale psichiatrico della Striscia di Gaza ha cessato di funzionare il 6 novembre 2023.

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Per testimoniare questa situazione, con particolare riferimento ai bambini, Human Rights Watch ha realizzato un report dal titolo: “Hanno distrutto ciò che era dentro di noi’: bambini con disabilità durante gli attacchi di Israele a Gaza“.
Per farlo, ha intervistato 20 familiari di bambini con disabilità, un bambino disabile e 13 operatori sanitari e umanitari, analizzando foto, video e cartelle cliniche.

Disabili a Gaza: le conseguenze devastanti delle armi esplosive

Secondo l’associazione Humanity & Inclusion, che si occupa di supportare persone con disabilità in tutto il mondo, la maggior parte dei danni fisici e psicologici riportate dalle vittime degli attacchi a Gaza è causata dalle armi esplosive.
In particolare, si registrano: amputazioni traumatiche, fratture, lesioni dei nervi periferici, lesioni del midollo spinale, lesioni cerebrali traumatiche e ustioni.

Tra le testimonianze raccolte da Human Rights Watch c’è, ad esempio, quella di Leila Al Kafarna e di suo figlio Malek, che ha subito l’amputazione traumatica di un braccio.

Malek, mio figlio di 13 anni, ed io siamo andati al mercato.
All’improvviso, ho sentito che qualcosa non andava. Presi la mano di Malek e gli dissi che dovevamo andarcene, e fu allora che sentii qualcosa che si rompeva dalle pareti.
Ho alzato lo sguardo mentre il missile stava colpendo il supermercato e ho perso conoscenza.

Mi sono svegliata con un fuoco vicino al viso, tipo a un metro di distanza, e stavo ancora tenendo il braccio di mio figlio, così ho iniziato a correre, pensando di correre con mio figlio.
Gli stavo urlando di correre veloce prima che bombardassero di nuovo, e poi mi sono sentita come se mio figlio fosse leggero, come se non ci fosse peso sul braccio. Quindi, ho guardato e non ho visto mio figlio vicino a me.
Ed è stato allora che ho scoperto che gli tenevo solo il braccio

Anche Ahed, ragazza 17enne, ha subito un’amputazione.
Quando la sua casa è stata colpita durante un bombardamento, la sua gamba è stata strappata da un proiettile.
Non potendo raggiungere l’ospedale, lo zio di Ahed le ha suturato la ferita con ago e filo, sul tavolo da pranzo.

Un’altra testimonianza è quella della madre del piccolo Osama, 3 anni, affetto da una grave immunodeficienza combinata. Una condizione molto pericolosa che colpisce il sistema immunitario.
Difatti, precedentemente il bambino veniva regolarmente sottoposto a una terapia respiratoria all’ospedale pediatrico.
Dopo aver inalato polvere in seguito a un attacco nel suo quartiere, le condizioni di Osama sono peggiorate. Oltretutto, come ha raccontato la madre, trovare personale medico e attrezzature risultava quasi impossibile.
Dopo alcune settimane, Osama e sua madre sono stati evacuati verso gli Emirati Arabi Uniti, dove il bambino ha potuto ricevere le cure più urgenti.

Ma ci sono anche altri casi — come la storia di Duaa, raccontata dal padre a Middle East Eye — nei quali alle persone disabili non viene lasciata alcuna possibilità di salvezza.




Duaa, 34enne con paralisi cerebrale, era incapace di parlare e di muoversi autonomamente. Per questo, non è riuscita a fuggire quando la sua tenda è stata incendiata.

C’era un soldato tra loro vestito in abiti civili che è andato alle tende, ha versato benzina sul legno e sul nylon e poi gli ha dato fuoco. Ha incendiato la tenda dove giaceva mia figlia Duaa. Guardavamo tutti mentre le fiamme la avvolgevano, e carri armati e soldati sparavano ovunque. Non potevo urlare; non c’era nessuno con cui parlare. Con chi potevo parlare? Con i carri armati che non smettevano di sparare? […] Sono tornato, ma di lei non è rimasto nulla

O il caso di Muhammed Bhar, 24enne autistico con sindrome di Down, dilaniato dai cani dei soldati che avevano fatto irruzione in casa sua.
Quando il cane ha iniziato ad attaccarlo, Muhammed non ha avuto la capacità di comprendere ciò che stava accadendo e scappare.

Ho chiesto all’esercito di fare qualcosa perché era disabile. Mi hanno impedito di proteggerlo.
Mentre il cane lo attaccava, lui cercava di accarezzargli la testa.

Hanno detto che lo avrebbero curato, che lo stavano spostando in un’altra stanza per permettere a un medico di visitarlo. Non ci hanno permesso di andare a vedere come stava, continuavano a ripetere che stava bene.
A un certo punto ci hanno cacciati senza permetterci di portarlo con noi

Quando la famiglia è tornata nell’abitazione, ha trovato il giovane Muhammed ormai esanime.

“Mamma, dovresti lasciarmi per strada”: il dramma dei disabili a Gaza

Nelle zone di conflitto è frequente che la popolazione civile sia costretta a evacuare. Il che può avvenire spontaneamente per cercare un luogo più sicuro, su ordine legittimo di una parte del conflitto, o tramite trasferimenti illegali.
Tale situazione è ancora più complessa quando sono coinvolte persone disabili.

Secondo uno studio della Croce Rossa, i bambini con disabilità affrontano rischi più elevati durante i conflitti e le evacuazioni, rispetto ai coetanei senza disabilità.
Infatti, sono meno in grado di fuggire dagli attacchi e rischiano di essere abbandonati durante la fuga.
Inoltre, queste difficoltà possono essere aggravate da esperienze di stigma, abusi e danni psicologici.

Come per Ghazal, 14enne con paralisi cerebrale.
Durante un attacco, la sedia a rotelle e le calzature ortopediche della ragazza sono state distrutte insieme a tutti i beni della famiglia. Costretti a fuggire, i genitori si alternavano portando Ghazal in braccio, seppur con grandi difficoltà.

Ghazal mi diceva: “Mamma, è finita, lasciami in pace e scappa. Dovresti lasciarmi per strada“. È stato uno dei giorni peggiori della mia vita, con una sensazione molto difficile che non potrà mai essere descritta.
Ero confusa, se fermarmi mentre eravamo sotto i bombardamenti o camminare e lasciare Ghazal

Anche Orfat, 14enne su sedia a rotelle, è rimasta senza assistenza. Fortunatamente, la madre è riuscita a ottenere una sedia da un’altra famiglia, riuscendo a portare in salvo Orfat.

Ma, anche avendo una sedia a rotelle, come nel caso del 16enne Osman, la fuga è molto difficoltosa.

Fuggire verso il sud è stato estremamente difficile per la mia famiglia, soprattutto a causa di Osman.
È stata dura perché anche se avevamo la sedia a rotelle di Osman, c’erano buche dappertutto e tanta distruzione

Oltre a buche e macerie che rendono difficoltosa la fuga su una sedia a rotelle, i posti di blocco militari sono stati resi ancora più duri da superare. Questo, secondo la testimonianza di A.J., 27enne disabile, e di suo cugino, anch’egli su sedia a rotelle.

C’era molta sabbia. L’esercito israeliano ha usato la sabbia per costruire un sacco di saliscendi come parte dei loro posti di blocco, come piccole montagne.
Di solito riesco a far rotolare la mia sedia a rotelle, ma questa volta è stato impossibile a causa della sabbia, quindi un altro cugino mi stava spingendo con mio cugino di 14 anni in grembo. Siamo caduti due volte. E nessun altro ti aiuta, tutti cercano di sopravvivere al checkpoint

I traumi psicologici “si possono estendere per circa tre generazioni”

L’impossibilità di fuggire dagli attacchi, l’abbandono, il rischio di perdere membri della famiglia. Lo sfollamento, la fame, la mancanza di assistenza sanitaria e di dispositivi di assistenza, possono causare gravi danni alla salute mentale dei bambini e dei ragazzi di Gaza.
Tra questi, secondo Save The Children, si possono osservare: paura, ansia, malnutrizione, enuresi, iper-vigilanza e problemi di sonno, un’alternanza nello stile di attaccamento ai genitori, regressione e aggressività.

Come riporta SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) le conseguenze di un conflitto hanno un impatto devastante sui bambini, così come sulle madri che li portano in grembo.
Un colpo così violento da estendersi fino alle generazioni future.

Aumenta la nascita prematura e la mortalità infantile.
I bambini più grandi mostrano livelli aumentati di ansia e depressione, e circa il 30-40% sviluppa PTSD. Tutto ciò porta a una salute mentale e fisica peggiore fino all’età adulta.
Un trama che si potrebbe estendere per circa 3 generazioni

E in un posto come Gaza, secondo il chirurgo ortopedico dottor Jeelani, la potenza del trauma psicologico che colpisce i bambini “non è quantificabile“.

I bambini sono resistenti alle lesioni fisiche: con un trattamento adeguato, si riprendono molto bene rispetto agli adulti. Ma l’aspetto psicologico di tutto ciò, non so come si possa quantificare in un posto come Gaza. Non si tratta solo delle loro ferite e della mancanza di cure, ma stanno vedendo cose che non dovrebbero vedere

Ne è un esempio Ghazal, la 14enne con paralisi cerebrale rimasta senza dispositivi medici. Con tante paure sul proprio futuro e su quello della sua famiglia, legati alla condizione in cui si trova.

Dal giorno in cui è scoppiata la guerra, hanno distrutto quello che c’era dentro di noi. Hanno demolito la mia casa e la mia stanza, che conteneva tutti i miei ricordi. Hanno preso tutto ciò che mi ha aiutato a vivere, come i miei dispositivi, il mio stivale e la mia sedia a rotelle. Come posso tornare a com’ero senza tutto questo?

Ho bisogno dei miei dispositivi per aiutarmi a camminare.
Ora non riesco ad alzarmi e quando voglio muovermi, mia madre o mia sorella devono aiutarmi. Ma ho paura: e se ci chiedessero di lasciare Rafah, come faccio ad andarmene?

Disabili a Gaza: gli Stati prendano posizione a fianco dei più fragili

Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (CRPD) (firmata da Israele nel 2012) gli Stati firmatari hanno l’obbligo di adottare “tutte le misure necessarie” per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di conflitto armato.
E sono chiamati a condannare e sospendere l’assistenza militare verso i Paesi membri che violano tale Convenzione.

Lo scorso 9 ottobre, il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità ha lanciato un appello a Israele, invitandolo a identificare e prevenire “i rischi e i danni affrontati dalle persone con disabilità durante le operazioni militari e [identificare] le loro esigenze in tale contesto, [prevenire] attacchi e danni alle infrastrutture e ai locali civili, compresi ospedali, centri di riabilitazione e ambulanze, e [proteggere] le scuole dagli attacchi militari”.

Inoltre, come ha dichiarato l’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, tutti gli Stati parte del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali hanno il dovere di “prestare particolare attenzione al trattamento delle persone rese vulnerabili dai conflitti, compresi i bambini e le persone con disabilità”

Giulia Calvani

 

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