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Home Economia e Politica

Chi sono i «piqueteros», il movimento di protesta che da anni scuote l’Argentina

di Sara Coico
28 Nov 2024
in Economia e Politica
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piqueteros Argentina
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Dagli anni ’90 mettono a ferro e fuoco le principali città argentine, chiedendo a gran voce il riconoscimento dei principali diritti dei lavoratori e scagliandosi contro la crescente disoccupazione in un Paese dalla storia travagliata e dai divari così nitidi. Spesso criticati per i loro metodi poco ortodossi, i «piqueteros» sono ad oggi uno dei movimenti sociali più dinamici del panorama latinoamericano.

Origine del movimento sociale e metodologia di lotta

Il termine «piqueteros» (da piquete, picchetto) designa quei gruppi di persone che bloccano strade, piazze e altri luoghi strategici allo scopo di richiamare attenzione su una particolare problematica o richiesta.

Il movimento ha iniziato ad emergere in Argentina durante la metà degli anni ’90, quando le conseguenze di decenni di politiche neo-liberali e l’operato del Presidente Carlos Menem avevano fatto piombare il Paese nella recessione economica.

Generalmente, i piqueteros sono disoccupati che protestano per aver perso il lavoro (come dimostra la prima manifestazione di questo genere, quella contro i licenziamenti di massa dei lavoratori della compagnia statale Yacimientos Petrolófilos Fiscales in Patagonia) anche se col tempo il movimento si è diversificato sempre di più facendosi portatore dei problemi generali della società argentina.

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Fin dalla sua origine, il movimento non è mai stato omogeneo quanto piuttosto formato da correnti politiche ed ideologiche differenti tra loro, che intendevano sfruttare la risonanza mediatica che questo tipo di protesta era in grado di suscitare.

I gruppi di questo genere raggiunsero il loro apice nella crisi economica del 2001, una situazione talmente delicata in cui i sindacati tradizionali non erano più in grado di accogliere le istanze dei lavoratori: si trattava di una sorta di “de-collettivizzazione” della società che i piqueteros sono stati capaci di infrangere, identificando nell’impedimento del transito sulle strade e nel blocco delle vie di comunicazione l’unico modo per rendere visibili le proprie richieste.

In seguito, i piqueteros si sono istituzionalizzati formando i “Movimientos de Trabajadores Desempleados“, espandendo le proprie proteste e impegnandosi nell’ambito cooperativo, a cui si aggiunge una forte impronta assembleare. Molti piqueteros si sono anche legati a particolari fazioni politiche, come alcuni movimenti di sinistra radicale o lo stesso Partito Peronista, e ciò ne ha comportato la frammentazione.

Attualmente, dunque, il movimento piquetero è suddiviso in gruppi distinti che principalmente si occupano di amministrare i Planes Trabajar, ossia i sussidi di disoccupazione concessi dallo Stato e di realizzare azioni comuni di mobilitazione (la cosiddetta “corte de ruta”) – l’autogestione e il riconoscimento dei propri diritti sociali rimangono al centro della lotta.

Un movimento guidato dalle donne

È bene precisare che nel movimento piquetero le donne hanno avuto e hanno tutt’ora un ruolo centrale: secondo i dati registrati durante il periodo di maggiore popolarità, nel 2005 circa il 70% dei «piqueteros» erano donne. La partecipazione delle donne ai piquete sembra qualificarsi come naturale, date le discriminazioni multiple che la popolazione femminile subisce e che si accentuano nell’accesso al mondo del lavoro.

Con la loro partecipazione, le donne hanno dimostrato la volontà di occupare lo spazio pubblico, di instaurare la propria soggettività anche in ambito lavorativo e di far sentire la propria voce, in un contesto che spesso si mescola a quello dei cacerolazos, delle proteste in cui il dissenso si realizza attraverso il rumore ottenuto percuotendo oggetti come pentole, mestoli e coperchi.

Le donne sono riuscite a incorporare tra le rivendicazioni del movimento altre richieste legate alla vita quotidiana, come asili nido nei quartieri della classe lavoratrice, un budget più grande per le mense dei poveri, miglioramenti nell’assistenza sanitaria ed esenzioni fiscali per le famiglie senza lavoro. In molti casi, le donne piqueteras hanno poi creato le proprie assemblee, mettendo in luce come l’inclusività possa rafforzare notevolmente il movimento.

D’altra parte, durante i piquetes le donne non lottano per la liberazione della donna o per le pari opportunità ma il più delle volte si uniscono alle manifestazioni quando i loro mariti diventano disoccupati o comunque in relazione alla loro identità di madri e mogli. Allo stesso modo, i leader più celebri che vengono associati alle organizzazioni piqueteras sono perlopiù uomini.

Nonostante ciò, la metodologia di protesta delle donne piqueteras è servita da ispirazione per altre manifestazioni femministe legate all’aborto o al contrasto della violenza domestica.




Il rapporto con l’apparato statale: tra critiche e repressione violenta

I piqueteros hanno sempre intrattenuto un rapporto controverso, e addirittura molte volte conflittuale, con lo Stato argentino. Spesso sono stati criticati dal governo proprio per i loro metodi: pur riconoscendo il loro sacrosanto diritto di protesta, il blocco delle strade viene concepito come una violazione dei diritti altrui in quanto causa dei ritardi nella viabilità dei mezzi di trasporto e dei disagi per i pendolari.

Come rilevato da molti analisti, la problematica principale di queste organizzazioni sembrerebbe il ricatto sociale che esse inevitabilmente innescano e il clientelismo dimostrato dal governo con disparati atteggiamenti di cooptazione e trattamento privilegiato nei confronti dei manifestanti meno radicali (ne sono un esempio anche gli stessi planes sociali).

Altre contestazioni riguardano l’atteggiamento aggressivo di alcuni manifestanti, che in numerose occasioni hanno causato disordini e danneggiato proprietà: ciò ha permesso all’opinione pubblica di associare (erroneamente) i piqueteros a organizzazioni di tipo criminale, demonizzando il movimento piuttosto che cercare di comprenderlo.

Lo Stato ha ripetutamente reagito ai piqueteros scegliendo la strada della repressione violenta e dell’uso della forza da parte della polizia: ne è un esempio l’omicidio del leader piquetero Anibal Verón, assassinato dalle forze dell’ordine di Salta nel 2000 durante un corteo.

Il  Presidente Néstor Kirchner ha invece optato per una strategia differente, cooperando con i manifestanti e inglobandoli nelle frange del potere peronista di Buenos Aires; tale atteggiamento però ha in qualche modo snaturato il movimento e contribuito alla sua polarizzazione.

Il futuro sotto l’egida di Javier Milei

L’attuale dibattito pubblico è incentrato sulla costituzionalità dei piquetes e la presidenza del controverso Milei, che fin da subito a rincominciato a soffocare le proteste, potrebbe far ritornare in auge il movimento.
Il nuovo esecutivo, poco dopo l’insediamento dello scorso anno, è riuscito a far promuovere la Ley de Convivencia Social  promossa dalla ministra Patricia Bullrich, che toglie di fatto il diritto dei piqueteros di manifestare permettendo alle forze federali di intervenire durante le proteste per garantire “il mantenimento dell’ordine pubblico”. Questa legge nasce dopo che, secondo i dati degli anni precedenti, nel Paese si sono registrati tra gli 8.000 e i 9.000 piquetes all’anno.
La veemente politica populista di Javier Milei, al ritmo di “El que corta no cobra”, non sembra curarsi del deterioramento sociale dell’Argentina né delle reali necessità della classe lavoratrice. Infatti, come dichiarato dallo stesso Presidente:

Chi fa, paga. Non si può sequestrare la strada e rovinare la vita a migliaia di argentini […] I picchetti sono eventi del passato. Lo Stato deve proteggere le vittime e castigare i colpevoli.

Per ora la via scelta da Milei sembra aver funzionato, con una diminuzione dei picchetti di circa il 50% nella capitale ma nel lungo periodo ciò potrebbe rinnovare le tensioni e portare i manifestanti a riorganizzarsi in massa. Gli ultimi comunicati dei piqueteros, in accordo con la CGT, parlano già di un “approfondimento dei piani di lotta e di sciopero generale”.

Le organizzazioni piqueteras si qualificano in definitiva come degli ottimi esempi di democratizzazione dal basso, destinati a crescere ed evolversi di fronte alle sfide della contemporaneità, ai sacrifici economico-sociali e alle politiche demagoghe. Si apre davanti a noi un’epoca di rinascita delle organizzazioni di democrazia attiva, in cui i piqueteros potranno godere di maggiore legittimazione ma dovranno scontrarsi con le limitazioni messe in atto dalle politiche di austerity quiescenti.

Sara Coico

Tags: Argentinajavier mileimovimenti socialipiqueterosproteste America Latina
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