L’Italia si distingue da anni nel panorama della ricerca clinica internazionale, dimostrando come qualità ed eccellenza possano emergere anche in un contesto di risorse limitate. Tuttavia, come è stato sottolineato al Convegno nazionale di FOCE, questa forza produttiva si scontra con criticità strutturali, come la scarsità di fondi e i lunghi tempi di autorizzazione delle terapie, che determinano la scarsa spesa nella ricerca medica e scientifica. Nel convegno nazionale “Il valore dell’innovazione e della ricerca clinica”, promosso dalla Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce), sono stati analizzati i principali traguardi raggiunti, le problematiche ancora irrisolte e le strategie per migliorare l’accesso all’innovazione.
Un paradosso italiano: eccellenza con risorse limitate
Con una spesa per Ricerca e Sviluppo (R&S) che rappresenta appena l’1,33% del PIL – ben al di sotto dell’obiettivo europeo del 3% – l’Italia si posiziona al 18° posto in Europa per investimenti e spesa nella ricerca. Tuttavia, il nostro Paese si conferma un leader per la qualità della produzione scientifica. Nel 2022, l’Italia ha partecipato al 31% dei 2.169 studi clinici autorizzati in Europa, contribuendo significativamente al progresso medico internazionale. Ogni anno, almeno 40mila sono i cittadini italiani coinvolti nelle sperimentazioni cliniche.
Questi i dati che FOCE, la Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi, ha riportato pochi giorni fa al Convegno Nazionale. “È un risultato straordinario, ma servono più risorse e modelli più efficienti per garantire che queste scoperte arrivino più velocemente ai cittadini”, ha dichiarato Francesco Cognetti, presidente di Foce.
I ritardi nell’accesso alle terapie
Una delle maggiori criticità riguarda i tempi di autorizzazione per i nuovi farmaci. In Italia, l’approvazione di una terapia richiede in media 14 mesi, pari a 424 giorni, e può arrivare fino a due anni quando si considerano i passaggi aggiuntivi per l’inclusione nei prontuari terapeutici regionali. Anche se in linea con la media europea, questa tempistica è ancora troppo elevata rispetto alla Germania, che si distingue per una velocità record di 126 giorni. “Ridurre questi tempi è una priorità etica e sanitaria”, ha sottolineato Robert Nisticò, presidente di Aifa, che sta lavorando per semplificare le procedure e promuovere modelli di accesso precoce per terapie avanzate.
Il contributo della ricerca ai tumori pediatrici
Quando si parla della spesa nella ricerca, si fa riferimento anche ad un settore che rappresenta una storia di successo negli investimenti dello sviluppo scientifico italiano, cioè il trattamento dei tumori pediatrici. I progressi nelle terapie mirate e nell’immunoterapia hanno portato i tassi di sopravvivenza dal 30% degli anni ’60 all’80% attuale, con guarigioni che in alcuni casi superano il 90%. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia Pediatrica del Bambino Gesù di Roma, ha evidenziato come l’introduzione delle cellule Car-T abbia rivoluzionato la cura di alcune leucemie pediatriche, stimolando ulteriori sviluppi nella lotta contro le neoplasie solide ed ematologiche.
Vaccini a mRNA: una rivoluzione della pandemia
La pandemia da COVID-19 ha accelerato l’adozione di tecnologie innovative, come i vaccini a mRNA, che hanno aperto nuove prospettive non solo nella prevenzione delle malattie infettive, ma anche nella terapia di condizioni complesse come i tumori. “I vaccini a mRNA hanno cambiato le regole del gioco, consentendo la creazione di nuovi vaccini in tempi rapidissimi”, ha spiegato Massimo Andreoni, direttore scientifico di Simit. Questa tecnologia rappresenta una svolta epocale, offrendo soluzioni rapide per affrontare emergenze sanitarie e nuovi strumenti terapeutici per malattie fino a oggi difficili da trattare.
Disparità tra istituti di ricerca e risorse mal gestite
Nonostante i progressi, il panorama della ricerca italiana è segnato da forti disparità tra gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS). Solo la metà di questi istituti dimostra performance elevate, mentre un terzo non partecipa ad alcuno studio clinico. Questo squilibrio evidenzia l’urgenza di razionalizzare i fondi, potenziando le strutture più virtuose. “Un terzo degli IRCCS non recluta nemmeno 100 pazienti l’anno: una situazione che richiede una revisione delle risorse disponibili”, ha dichiarato Cognetti, Presidente FOCE.
L’Italia ha dimostrato di poter eccellere per ciò che riguarda la spesa nella ricerca clinica, ma per mantenere questa posizione deve affrontare sfide cruciali. È necessario ridurre i tempi di approvazione, aumentare gli investimenti in R&S e garantire che i pazienti possano beneficiare tempestivamente delle innovazioni terapeutiche. L’impegno per superare le criticità è fondamentale non solo per il progresso medico, ma anche per il rafforzamento del sistema sanitario nazionale, che può trarre enormi benefici economici e sociali da una ricerca più efficiente e inclusiva.
Queste sono state le proposte e i punti che FOCE ha voluto ben sottolineare al Convegno Nazionale, tenutosi pochi giorni fa a Roma, con l’obiettivo di stimolare un incremento di un paese che ha molto da offrire.